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Approfondiamo il Parkinson.
Articolo della Dott.ssa Rizzetti.

2 Giugno 2018

L’articolo qui sotto, messo cortesemente a disposizione dalla Dott.ssa Maria Cristina Rizzetti, segue quello della stessa specialista, pubblicato il 5 Aprile scorso, sullo stesso tema: il Parkinson. Questa volta, la Dott.ssa Rizzetti accompagna chi legge ad una visione più approfondita di una malattia che merita di essere conosciuta per una sola ragione: come tutte le malattie neurodegenerative, è corretto pensare che la sua presenza nella nostra Società sia destinata ad essere sempre più importante nei prossimi anni e solo attraverso la sua corretta conoscenza, è possibile aiutare nel modo migliore chi ne è colpito: i pazienti e i loro cari!

La Dott.ssa Maria Cristina Rizzetti è Medico Chirurgo, Specialista in Neurologia e Parkinsonologa affermata. Svolge la sua attività professionale presso l’Ospedale S. Isidoro di Trescore Balneario, dove è Responsabile dell’U.F.A. Riabilitazione Parkinson.

Collabora con Politerapica, nell’ambito di Medicina Vicina, come medico specialista di Neurologia, dedicata in particolare al coordinamento dell'”Ambulatorio Multidisciplinare Parkinson – Presa in carico e riabilitazione“.

 



LA MALATTIA DI PARKINSON: NON SEMPRE E SOLO TREMORE

 

La Malattia di Parkinson
La Malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa cronica determinata dalla morte (degenerazione) di cellule nervose (neuroni) localizzate in un’area del cervello chiamata sostanza nera (che fa parte dei gangli della base) e dalla carenza di dopamina, una sostanza che ha la funzione di neurotrasmettitore proprio a livello dei gangli della base, strutture del cervello che controllano l’avvio e la regolazione del movimento automatico volontario. In altre parole risulta alterata la trasmissione del comando a programmare, iniziare e svolgere un atto motorio.
Mancando la dopamina, quindi, la persona manifesta lentezza e impaccio dei movimenti, rigidità muscolare, alterazione della coordinazione, disturbi della postura e del cammino. L’alterazione del movimento non riguarda solo i muscoli degli arti ma la muscolatura di tutti i distretti del corpo umano, con conseguenze quali, ad esempio: difficoltà di deglutizione, alterazione della respirazione, stipsi, disfunzioni urinarie.
Si tratta di una malattia progressiva, i cui sintomi esordiscono generalmente in modo insidioso e subdolo e tendono a peggiorare nel corso del tempo; di norma la malattia si manifesta da un solo lato del corpo, in genere ad un arto (braccio e/o gamba), e nel tempo tende ad estendersi anche al lato opposto.

Perché ci si ammala di Malattia di Parkinson
Ad oggi non è ancora noto quale sia il primo evento responsabile della neurodegenerazione (morte dei neuroni cerebrali). Si sa che esistono forme sporadiche (la maggior parte, circa il 90% dei casi) e forme familiari (determinate da alterazioni di particolari geni). E’ noto inoltre che particolari situazioni o esposizioni ambientali possono favorire la comparsa della patologia in soggetti verosimilmente predisposti.

Diagnosi – La visita neurologica
La diagnosi di malattia di Parkinson è clinica; è quindi indispensabile una visita neurologica finalizzata a rilevare segni e sintomi che possono orientare verso questa malattia. In particolare, per porre diagnosi di malattia di Parkinson, devono essere presenti la bradicinesia (rallentamento motorio e riduzione dell’ampiezza del movimento) e almeno due tra i seguenti sintomi: tremore, ipertonia plastica (rigidità muscolare) e instabilità posturale (non causata da problemi di altra natura, come ad esempio problemi a livello del cervelletto o dell’orecchio). I sintomi devono essere asimmetrici (prevalere da un lato del corpo). I sintomi devono inoltre rispondere alla terapia farmacologica (ovvero migliorare dopo l’assunzione dei farmaci specifici).
E’ necessario poi effettuare una risonanza dell’encefalo (RM encefalo) per poter escludere altre patologie che potrebbero manifestarsi in modo simile al Parkinson (ischemie cerebrali, ematomi, idrocefalo, tumori).
La diagnosi differenziale viene generalmente posta tra la malattia di Parkinson e i “parkinsonismi atipici primari” (atrofia multisistemica, paralisi sopranucleare progressiva, sindrome corticobasale), i “parkinsonismi secondari” (jatrogeni o vascolari) e altre patologie neurodegenerative che possono manifestarsi con alterazioni del movimento.

I successivi controlli
Il Neurologo, nel corso delle periodiche visite ambulatoriali di controllo, verifica com’è il quadro motorio del paziente in quel dato momento, attraverso un colloquio e una visita mirati.
Per quantificare i disturbi legati alla malattia, viene utilizzata una scala di valutazione chiamata UPDRS (Unified Parkinson’s Disease Rating Scale). La severità della malattia viene stabilita in base alla Scala di Hoehn & Yahr che consente di assegnare punteggi diversi, crescenti, in base all’estensione e gravità della malattia di Parkinson in un dato momento.
Nel corso delle visite di controllo, viene inoltre valutata l’efficacia della terapia e la presenza di eventuali fluttuazioni. Il Neurologo provvede quindi a porre specifiche domande per verificare la presenza di vari problemi correlati alla patologia (disturbo della deglutizione, disturbi gastrointestinali, disturbi cardiovascolari, disturbi del sonno, alterazioni dell’umore, alterazioni cognitivo-comportamentali).
E’ sempre necessario riportare al Neurologo, ma prima di lui anche al Medico di base, eventuali anomalie o problemi nuovi o diversi dal solito in modo da poter porre immediato rimedio.
Sarebbe inoltre utile che il paziente si preparasse alla visita neurologica compilando una sorta di promemoria dove annotare eventuali alterazioni motorie con l’orario del giorno in cui queste si manifestano, eventuali nuovi problemi, eventuali effetti indesiderati legati all’assunzione dei farmaci. Ciò facilita il Neurologo nella verifica ed eventuale revisione della terapia farmacologica al fine di migliorare il compenso motorio quotidiano.

I principali sintomi motori
I principali sintomi motori della Malattia di Parkinson, detti sintomi cardinali, derivanti dalla carenza di dopamina e dalle alterazioni a livello dei gangli della base che ne conseguono, sono i seguenti: tremore, bradicinesia (rallentamento e impacio motorio) e ipertonia plastica (rigidità muscolare).
Mentre bradicinesia e ipertonia sono costantemente presenti, il tremore può mancare.

TREMORE
E’ un movimento ritmico che deriva dalla contrazione ritmica e alternata di muscoli; coinvolge generalmente gli arti, ma può essere anche al capo. Tipicamente si tratta di tremore a riposo, ovvero che si manifesta quando l’arto non è utilizzato per compiere azioni (per esempio tremore alla mano o alla gamba mentre si è seduti a guardare la televisione); tende a scomparire durante l’esecuzione di gesti volontari (per esempio impugnando un utensile per effettuare un’azione). Tende inoltre a scomparire durante il sonno, ma può riattivarsi nel passaggio dalle fasi del sonno profondo a quelle superficiali.
In alcuni casi può essere presente un tremore misto (ovvero presente anche durante l’azione o quando si mantiene l’arto interessato in una determinata posizione).
Le situazioni di stress emotivo o fisico e le situazioni che richiedono concentrazione tendono ad accentuare il tremore.

BRADICINESIA
E’ un termine che definisce la lentezza dei movimenti volontari nonchè la progressiva riduzione di ampiezza dei movimenti stessi quando questi vengono compiuti ripetutamente (per esempio aprire e chiudere ripetutamente la mano). Si manifesta con l’impaccio nei movimenti fini delle dita (ad esempio difficoltà ad allacciare i bottoni, difficoltà a scrivere), con la deambulazione a piccoli passi, con la progressiva riduzione dei movimenti pendolari delle braccia che si compiono quando si cammina.
Il termine ACINESIA indica invece la globale riduzione della motilità fino ad arrivare all’assenza di possibilità di muoversi (acinesia notturna; il paziente è costretto a stare in una posizione fissa nel letto, non essendo affatto in grado di muoversi).

IPERTONIA PLASTICA
Significa aumento del tono muscolare (ovvero la resistenza che i muscoli oppongono alla mobilizzazione passiva); viene definita plastica perché è differente per caratteristiche dalla ipertonia spastica che occorre nei soggetti che hanno per esempio ictus o emorragie cerebrali. L’ipertonia coinvolge i muscoli degli arti e la muscolatura del collo e del tronco.

I sintomi prodromici
Si tratta di sintomi che possono essere presenti anche molti anni prima che la malattia si manifesti con i classici sintomi motori; tra i sintomi prodromici ci sono l’iposmia (alterata percezione degli odori), la stipsi, il distubo del sonno REM (RBD).

Altri sintomi motori
Tra i sintomi motori si annoverano: l’ipomimia (inespressività del volto con riduzione dell’ammiccamento), i disturbi della postura (camptocormia: flessione del tronco in avanti; sindrome di Pisa: flessione laterale del tronco), i disturbi della deambulazione (deambulazione a piccoli passi, passi trascinati, difficoltà a compiere i cambi di direzione, freezing della marcia), i disturbi dell’equilibrio e l’instabilità posturale, l’acinesia notturna (difficoltà a muoversi nel corso della notte con impossibilità a girarsi nel letto) che spesso può essere dolorosa (a causa delle rigidità muscolare e della comparsa di crampi).

Sintomi non-motori
Per quanto concerne i sintomi non-motori ricordiamo che la malattia di Parkinson può coinvolgere vari organi e apparati determinandone specifiche alterazioni e può modificare varie funzioni fisiologiche.

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Tipica della malattia è la dermatite seborroica; vi possono essere inoltre alterazioni della sudorazione.

VIE DIGESTIVE
Nella malattia di Parkinson si possono avere difficoltà di deglutizione (liquidi e/o alimenti solidi che “vanno di traverso” provocando tosse), scialorrea (eccessiva produzione di saliva o difficoltà a deglutirla con conseguente fuoriuscita della stessa dalla bocca), alterazione del gusto, nausea, senso di vomito, stipsi.

SISTEMA CARDIOVASCOLARE
La pressione arteriosa, normalmente più alta di giorno rispetto alle ore notturne, nei soggetti affetti da malattia di Parkinson può avere delle variazioni fino ad arrivare all’inversione del ritmo circadiano della pressione (bassi valori diurni ed elevati valori notturni). Si può inoltre manifestare un sintomo chiamato ipotensione ortostatica ovvero passando dalla posizione sdraiata a quella seduta o eretta la pressione subisce un repentino calo determinando la sensazione di capogiro, oscuramento della vista o un vero e proprio svenimento (sincope).

APPARATO URINARIO
I pazienti affetti da malattia di Parkinson possono avere alterazioni urinarie di vario tipo: urgenza minzionale, esitazione urinaria, aumento della frequenza minzionale, necessità di urinare frequentemente nel corso della notte (nicturia), incontinenza urinaria.

FUNZIONE SESSUALE
Frequenti sono i disturbi sessuali (difficoltà ad avere rapporti sessuali, impotenza, aumento o diminuzione dell’interesse per il sesso).

TONO DELL’UMORE
Frequenti sono sintomi quali l’ansia o la depressione, l’apatia (mancanza di interesse) o l’anedonia (incapacità a provare piacere nel fare cose) o, molto frequente, la tendenza al ritiro sociale (tendenza del paziente a rimanere chiuso in casa evitando le relazioni sociali).

DISTURBI DEL SONNO
La malattia di Parkinson può alterare il ciclo sonno-veglia determinando insonnia (più frequentemente si tratta di insonnia di mantenimento, cioè il paziente si addormenta rapidamente, dorme alcune ore poi si sveglia e fatica a riprendere sonno) o parasonnie (la più frequente è quella definita “disturbo comportamentale del sonno REM – RBD” che consiste nel fare sogni che sembrano particolarmente reali, vividi, ed interagire con essi: il paziente agisce i sogni che fa e parla, gesticola, scalcia, tira pugni). Ci possono poi essere i cosidetti risvegli confusionali (il paziente si trova in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno e di solito appare disorientato e fa cose non congrue e senza un fine preciso). Il paziente può lamentare sonnolenza diurna e veri e propri colpi di sonno (il paziente si addormenta all’improvviso mentre sta facendo attività o parlando con altre persone).

PROBLEMI PERCETTIVI
I pazienti affetti da malattia di Parkinson possono avere quelle che si chiamano dispercezioni visive (vedere un oggetto reale, ma percepirlo differente da come è in realtà) o allucinazioni visive (vedere cose, animali o persone che non sono realmente presenti nell’ambiente).

PROBLEMI COGNITIVI E COMPORTAMENTALI
Alterazioni comportamentali (irrequietezza, agitazione, disorientamento spazio-temporale, allucinazioni, aggressività), alterazioni cognitive fino al deterioramento cognitivo quindi alla demenza.

La malattia di Parkinson può inoltre determinare una serie di ulteriori sintomi non-motori tra i quali ricordiamo improvvise sensazioni di caldo o freddo, sudorazioni profuse (che possono anche essere sudorazioni fredde), disturbi di attenzione o di concentrazione, affaticabilità, dolore non spiegato da altre condizioni mediche associate.

Le fluttuazioni motorie
Nel corso dei primi anni di assunzione della terapia si assiste generalmente ad un buon compenso motorio nell’arco della giornata e il paziente è in grado di muoversi bene per tutto l’arco di tempo; la terapia farmacologica riduce la bradicinesia, l’ipertonia plastica e, seppur in misura minore, il tremore e rende il paziente in grado di svolgere una vita lavorativa e familiare pressochè normale.
Dopo alcuni anni si manifestano le cosiddette FLUTTUAZIONI MOTORIE ovvero l’alternanza di momenti in cui il paziente si muove bene (fase ON: “acceso”) a momenti in cui è rallentato o addirittura completamente bloccato (fase OFF: “spento”); le fluttuazioni motorie diventano più evidenti con l’avanzare della malattia e sono anche dovute ai farmaci utilizzati per il trattamento della malattia stessa. In questa fase si parla di malattia di Parkinson complicata.
Tra le fluttuazioni motorie meritano di essere ricordale le DISCINESIE che sono un “eccesso” di movimento: la dose di farmaco determina lo sblocco, il paziente si muove meglio, ma il movimento normale è disturbato da movimenti involontari, le discinesie appunto, che si verificano a livello del collo, del tronco, degli arti.

La terapia farmacologica
Innanzitutto va detto che, non essendo nota la causa prima che porta allo sviluppo della malattia di Parkinson, non esistono ad oggi farmaci che guariscano dalla malattia.
Esistono invece farmaci sintomatici, che cioè alleviano i sintomi (miglioramento della rapidità e precisione del movimento, riduzione della rigidità muscolare, riduzione del tremore).
I farmaci maggiormente utilizzati sono i DOPAMINOAGONISTI e la LEVODOPA. Esistono poi altri farmaci che vengono utilizzati per particolari problemi determinati dalla malattia di Parkinson, ma non è questa la sede per la specifica trattazione dei suddetti.

Le terapie avanzate
Nei casi in cui i sintomi della malattia non siano più gestibili con le terapie tradizionali, esistono ad oggi 3 approcci definiti avanzati:
– infusione continua di apomorfina
– infusione intraduodenale di levodopa
– stimolazione cerebrale profonda (DBS).
Per tutti gli approcci è necessaria un’attenta selezione dei pazienti, che devono avere determinate e precise caratteristiche per essere candidati a ciascuna delle terapie avanzate. Vi sono infatti condizioni cliniche generali o legate al Parkinson che escludono i pazienti da tali terapie.

Le terapie non farmacologiche: riabilitazione
La riabilitazione è complementare alle terapie farmacologiche nel migliorare la condizione clinica del paziente affetto da malattia di Parkinson. Ad oggi è noto come una attività riabilitativa effettuata secondo ben precisi schemi possa ridurre la necessità di farmaci; è altrettanto noto che la riabilitazione neuromotoria stimola il rilascio a livello del cervello di sostanze definite fattori trofici.
Le Linee guida relative alla Riabilitazione raccomandano la precoce presa in carico del paziente (cioè subito dopo la formulazione della diagnosi) in modo da poter prevenire le complicazioni della malattia (quali l’inattività, il ritiro sociale, le cadute e gli esiti a queste correlati) garantendo al paziente il proprio ruolo familiare e sociale.
L’obiettivo del trattamento riabilitativo è diverso a seconda dello stadio (gravità) di malattia.

Nello STADIO INIZIALE bisogna in particolare prevenzione dell’inattività, prevenire la paura di muoversi, effettuare un precoce training di deambulazione ed equilibrio, effettuare una valutazione dell’indipendenza nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, alimentarsi), effettuare una valutazione logopedica per rilevare eventuali precoci alterazioni di deglutizione e fonazione, effettuare una valutazione nutrizionale per rilevare alterazioni del peso corporeo ed impostare eventuali correzioni alimentari, effettuare una valutazione neuropsicologica al fine di rilevare precocemente eventuali alterazioni cognitivo-comportamentali, effettuare un colloquio psicologico mirato al precoce rilievo di eventuali alterazioni del tono dell’umore (ansia, depressione) correlate o meno alla diagnosi.

Nello STADIO INTERMEDIO di malattia bisogna intervenire su alterazioni già presenti al fine di correggerle; vanno quindi effettuati la riattivazione muscolare globale, la rieducazione dei passaggi posturali, la rieducazione della postura, il training della deambulazione il training dell’equilibrio (per prevenire/limitare le cadute). Il trattamento riabilitativo deve essere inoltre finalizzato al miglioramento dell’indipendenza nelle attività della vita quotidiana, al monitoraggio di problematiche deglutitorie e ad eventuali indicazioni mirate, al monitoraggio delle competenze cognitive (valutazione neuropsicologica di controllo o periodiche valutazioni di pazienti cognitivamente integri). Molto importante è inoltre l’addestramento/formazione del caregiver, in modo che quest’ultimo possa gestire il paziente a casa in modo ottimale.

Nello STADIO AVANZATO le finalità del trattamento riabilitativo sono rappresentate dalla preservazione delle funzioni vitali (respirazione, alimentazione, ecc), dalla prevenzione delle complicanze dovute all’inattività e all’allettamento (decubiti, retrazioni tendinee, contratture muscolari).
Oltre alla riabilitazione neuromotoria (Fisioterapia) e alla riabilitazione logopedica, il paziente che ne abbia la necessità può inoltre effettuare la riabilitazione del pavimento pelvico, utile per la gestione e trattamento delle problematiche quali l’incontinenza urinaria e la stipsi, che determinano spesso peggioramento della qualità della vita del paziente.

In dettaglio i Professionisti che hanno un ruolo attivo nella gestione riabilitativa del paziente paziente affetto da malattia di Parkinson sono:
– FISIOTERAPISTA
(rappresenta il Personal trainer del paziente e, previa indicazione del Neurologo riabilitatore/Fisiatra, procede ai trattamenti riabilitativi individuali e/o di gruppo; fornisce, previo confronto col Medico, eventuali ausili necessari alla gestione dei problemi motori)
– MASSOTERAPISTA
(effettua, su indicazione medica, massaggio terapeutico)
– TERAPISTA DELLA RIABILITAZIONE PELVICA
(effettua, su indicazione dell’Urologo, trattamenti finalizzati alla riabilitazione dei problemi causati dalla vescica neurologica)
– LOGOPEDISTA
(effettua la valutazione delle competenze deglutitorie e fonatorie del paziente e pianifica l’eventuale trattamento riabilitativo mirato e specifico; fornisce indicazioni specifiche circa la gestione al domicilio)
– NEUROPSICOLOGO
(effettua la valutazione delle competenze cognitive del paziente; valuta il paziente per particolari problematiche quali il disturbo del controllo degli impulsi e la sindrome da disregolazione dopaminergica al fine di favorire l’ottimizzazione terapeutica da parte del Neurologo)
– PSICOLOGO CLINICO
(effettua colloqui psicologici col paziente e/o col caregiver al fine di evidenziare/gestire eventuali problematiche relazionali, affettive, timiche; discute col Neurologo della necessità di eventuale terapia spacifica)

Approccio multidisciplinare: l’approccio corretto
Poiché la malattia di Parkinson determina vari sintomi a carico di pressoché tutti gli organi e apparati del corpo è necessario che la presa in carico del paziente sia di tipo multidisciplinare. Il Neurologo dovrebbe indirizzare ad altri Specialisti il paziente in modo da riconoscere e trattare in modo mirato tutti i problemi correlati alla malattia e gestirlo poi di conseguenza, facendo il punto su tutte le indicazioni fornite, evitando che il paziente debba effettuare plurime visite specialistiche trovandosi poi con varie indicazioni che non riuscirebbe a gestire da solo.

I Medici specialisti che potrebbero essere interpellati al fine di gestire sintomi spesso presenti nel paziente affetto da malattia di Parkinson sono:
– FISIATRA
definisce con il Neurologo curante il programma/progetto riabilitativo individuale
– GASTROENTEROLOGO
valuta eventuali alterazioni del transito gastro-intestinale e la stipsi
– CARDIOLOGO
valuta inversioni del ritmo circadiano della pressione arteriosa, ipotensione ortostatica, ipertensione notturna
– UROLOGO
in caso di vescica neurologica determinante urgenza minzionale, nicturia, incontinenza urinaria, ritenzione urinaria
– OTORINOLARINGOIATRA
valuta le alterazioni della deglutizione fino alla disfagia
– ORTOPEDICO
in caso di patologie osteoarticolari che rappresentano comorbilità
– NEUROCHIRURGO
eventuale parere in merito a patologie della colonna, alterazioni posturali
– DIETOLOGO
per obesità, eccessivo calo ponderale, sarcopenia, disfagia
– PNEUMOLOGO
per eventuali patologie restrittive polmonari o sindrome delle apnee notturne o fatti acuti subentranti quali le polmoniti.

Malattia di Parkinson – Malattia della famiglia
L’assistenza ai pazienti affetti da malattia di Parkinson è complessa, poiché si tratta di patologie croniche che si manifestano con un ampio spettro di sintomi; la malattia diventa di conseguenza un vero problema familiare con un forte impatto sulla vita e qualità di vita non solo dei pazienti, ma anche dei caregiver, soggetti a rischio di sviluppare disturbi d’ansia, depressione e di eccessivo carico psico-fisico.
Il coinvolgimento dei familiari che assistono il malato è necessario e fondamentale per poter ottenere una gestione attenta e mirata al domicilio. Il familiare/caregiver deve diventare parte attiva del processo di cura, rendendo quest’ultimo più puntuale, mirato ed efficace. Da ciò deriva la necessità di fornire interventi utili non solo al paziente, ma anche ai familiari. Innanzitutto è necessario informare i familiari circa tutte le problematiche correlate alla malattia di Parkinson; si deve poi fornire ai familiari una vera e propria formazione volta a facilitare il rapporto con il familiare malato e ad ottimizzare la gestione della malattia (fornire le competenze e gli strumenti affinché le problematiche derivanti dalla malattia di Parkinson possano essere gestite in modo corretto al domicilio senza eccessive ansie/perplessità/paure da parte dal caregiver).
E’ utile a tal fine poter proporre anche ai familiari la possibilità di poter avere un programma di supporto psicologico sia individuale, ma anche di gruppo; all’interno del gruppo, sotto la guida dello Psicologo, i familiari possono condividere le proprie esperienze, le proprie paure, i propri disagi sentendosi capiti e possono inoltre scambiarsi suggerimenti utili alla gestione del familiare malato, derivanti dall’esperienza personale maturata nel corso del tempo.

Dott.ssa Maria Cristina Rizzetti
Medico chirurgo – Specialista in Neurologia


Per appuntamenti con la Dott.ssa Maria Cristina Rizzetti in Politerapica: Tel. 035.298468.