Conosciamo le varici con il prezioso contributo del Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare in Politerapica (e non solo). Su questa malattia, la Pagina della Salute de l’Eco di Bergamo ha pubblicato un ampio articolo curato, appunto, dal Dott. Foresti.
Lo trovate qui: L’Eco di Bergamo – 28.05.2023 – Varici, Foresti – Def
Conosciamo dunque le varici con il Dott. Foresti
Ci accompagna un passo dopo l’altro a conoscere le varici, il Dott. Foresti. E comincia dicendoci che queste sono una delle malattie che fanno parte dell’insufficienza venosa cronica. Parliamo delle varici agli arti inferiori e, in particolare, a carico delle vene safene. Colpiscono il 35-40% della popolazione soprattutto femminile. La percentruale può poi superare il 40% nelle donne oltre i 50 anni.
Poi entra un po’ più nell’argomento e spiega che le varici possono essere definite come una dilatazione permanente di una vena. La vena assume anche un decorso tortuoso e le sue pareti subiscono un’alterazione associata ad infiammazione. Le cause di questa malattia sono soprattutto genetiche e quindi la familiarità è un elemento da tenere in considerazione. Possono però essere anche favorite da attività lavorativa sedentaria, assetto ormonale (sono note le varici successive alla gravidanza), sovrappeso e fumo.
Le varici potrebbero essere anche conseguenza di altre patologie come la trombosi venosa profonda e la malformazione arteovenosa (questa è la più rara). Lo specialista, in fase di diagnosi, dovrà distinguere tra le diverse cause perché ognuna avrà un diverso percorso terapeutico.
Il ruolo dell’ecocolordoppler
Il problema è quasi sempre solo estetico, prosegue il Dott. Foresti. A volte però si manifesta anche con sintomi lievi e meno lievi fino a condizioni che possono procurare problemi anche seri. Si comincia con pesantezza, edema, gonfiore. Nei casi più importanti, possono presentarsi anche formicolii e crampi notturni. Ci sono poi anche possibili complicanze. Queste possono essere flebite, nel 3% dei casi, emorragie o ulcerazioni, entrambe in circa l’1%.
Per la diagnosi è importante l’esame con ecocolordoppler. Questo strumento permette di comprendere in modo corretto la causa delle varici e
quindi il miglior trattamento terapeutico. L’ecocolordoppler diventa poi indispensabile allo specialista per impostare l’adeguato approccio chirurgico. Il Doppler, infatti, è uno strumento che permette di valutare in modo rapido, efficace e riproducibile la emodinamica delle vene superficiali e scegliere il trattamento più idoneo e mirato.
Ogni chirurgo vascolare deve quindi essere anche un abile ecografista e deve eseguire sempre in prima persona questo esame insieme alla diagnosi e alla pianificazione dell’intervento.
Terapia medica e chirurgica
La prima cura per le varici è quella medica. La chirurgia viene riservata ai casi in cui si presentino le complicanze o quando i sintomi non diminuiscono con la terapia medica. L’approccio chirurgico può essere di due tipi: conservativo o ablativo. È ablativo quando si asporta la vena o quando la si oblitera (la si chiude). È invece conservativo quando si preserva il patrimonio venoso.
Nella terapia chirurgica si aprono oggi nuovi scenari con grandi vantaggi per il paziente, precisa Davide Foresti. L’innovazione principale negli ultimi anni è rappresentata dalle tecniche endovascolari di chiusura meccanica e chimica di segmenti delle safene. Sono tecniche che rivoluzionano il tradizionale approccio sclerosante e rispetto a questa migliorano molto gli effetti a lungo termine.
La Dott.ssa Diana Prada spiega cosa sia il bonus psicologo 2023 e chi lo può richiedere. Lo fa in modo chiaro sulla rivista Bergamo Salute, insieme al Dott. Andrea Poerio.
Qui l’articolo completo: Bergamo Salute – 27.04.2023 – Bonus Psicologo, Diana Prada – Def
La Dott.ssa Prada è Psicologa e Psicoterapeuta. Da diverso tempo collabora con Politerapica e svolge attività professionale sul territorio di Bergamo. Nel 2022 ha assunto anche l’incarico di referente territoriale per Bergamo e provincia dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. E’ in questa veste che cura l’articolo.
Una grossa novità
La manovra del Governo del 2023 ha reso permanente il Bonus Psicologo. Questo strumento diventa così un sostegno strutturale per i cittadini che ne faranno richiesta. Inoltre, l’importo massimo è stato innalzato a 1.500 Euro all’anno. Nel 2022 era di 600 Euro.
Siamo di fronte ad un segnale forte in un momento in cui il nostro Paese sta affrontando alcune crisi che rischiano di mettere in difficoltà i cittadini, soprattutto i più deboli. A cominciare dalla crisi energetica e dall’aumento di prezzi. Allo stesso tempo, però, l’importo complessivo stanziato per questo servizio è molto diminuito rispetto allo scorso anno. Per questo motivo, potrebbe ridursi il numero di persone che ne potranno beneficiare.
Bonus psicologo 2023. Chi può accedere
Possono accedere al Bonus Psicologo 2023 tutte le persone che si trovano in una condizione di stress, ansia, depressione o fragilità e che possano beneficiare di un percorso psicoterapeutico. Lo possono richiedere le persone fisiche con un reddito inferiore ai 50.000 Euro all’anno. La richiesta può essere fatta da più persone dello stesso nucleo familiare.
I criteri per l’assegnazione comprendono il reddito e l’oordine di arrivo delle richieste. Parliamo insomma di una graduatoria. Una volta assegnato, il bonus deve essere utilizzato entro 180 giorni. E lo si può fare rivolgendosi a psicoterapeuti che hanno comunicato la propria volontà di aderire all’iniziativa. Al momento sono già 27.000 ma le liste sono in continuo agiornamento. Non dovrebbe essere quindi difficile per chi fosse interessato, trovare un professionista cui potersi rivolgere.
Anche in Politerapica! Presso la nostra struttura infatti sono diversi i professionisti disponibili per fornire prestazioni coperte dal Bonus Psicologo.
Anca, artrosi, e protesi sono tre parole che a volte stanno insieme. Certo, quando succede possiamo proprio dire che siano dolori. Saperne di più, però, può aiutare molto. A prendersi cura del problema nel modo giusto, tanto per iniziare. E poi pure a prevenire. E il Dott. Rocco D’Apolito, Ortopedico in Politerapica, lo racconta proprio bene e in modo chiaro.
Lo scorso 22 maggio, è stato ospite di Bergamo TV proprio per questo. Qui la trasmissione completa:
Il Dott. Rocco D’Apolito collabora con Politerapica dall’inizo del 2023. Da molto prima lavora presso l’Unità Operativa di Chirurgia dell’Anca 1 dell”IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio. Qui si occupa prevalentemente di chirurgia dell’anca e del ginocchio.
Anca, artrosi e protesi. Partiamo dall’inizio
L’artrosi dell’anca è una malattia cronico degenerativa dell’articolazione dell’anca. Comporta il deterioramento della cartilagine che è la superficie di rivestimento dell’articolazione. In questo caso, parliamo della cartilagine che riveste la testa del femore e l’acetabolo. Queste sono le due superifici articolari che si affrontano nell’anca e che permettono il movimento articolare.
L’artrosi non è causata solo dall’avanzare dell’età. L’età è sì un fattore di rischio dell’artrosi dell’anca. Questa patologia infatti si presenta sempre di più con l’avanzare degli anni. Vi sono però anche altre cause. Obesità, tipo di attività svolte, precedenti interventi o traumi dell’anca, malattie dell’infanzia come la displasia dell’anca sono tra queste. Tra le attività che possono favorire l’artrosi d’anca ci sono le attività che determinano un grosso coinvolgimento dell’articolazione. E anche quelle con movimenti che a lungo andare compromettono la cartilagine. Per esempio, il tennis o le arti marziali che prevedono movimenti molto ampi di questa articolazione.
Con l’artrosi si può convivere. Dipende dal grado di gravità della malattia. Quando il grado diventa elevato, può essere compromessa in modo pesante la qualità della vita della persona che ne è colpita.
L’artrosi si può prevenire o rallentare nella sua progressione. Si può agire sul peso corporeo, per esempio, o sul tipo di attività svolte, riducendo o eliminando quelle ad alto impatto. Ci sono invece attività può far bene praticare e che sono a basso impatto. Per esempio, la camminata in piano, la bicicletta o il nuoto. Permettono di mantenere un buon allenamento dell’articolazione e della sua muscolatura e, allo stesso tempo, danno una sollecitazione inferiore rispetto ad altre attività. Possono addirittura rallentare l’evoluzione dell’artrosi o aiutare a conviverci.
Dolore e limitazione funzionale
I sintomi dell’artrosi sono sostanzialmente due: dolore e limitazione funzionale. Il dolore è caratteristico. Si manifesta in regione sub-inguinale e nell’interno coscia e può irradiarsi fino al ginocchio. Non si manifesta solo nella camminata ma anche quando si sta seduti a lungo o quando ci si rialza dopo essere stati seduti a lungo. Anche quando si sale e si scende dalla macchina. Molto spesso, poi, c’è difficoltà a indossare le scarpe o mettere le calze.
Nella fase iniziale, l’artrosi dell’anca si può curare con la modifica delle attività ad alto impatto e l’adozione di antinfiammatori. Questi però agiscono solo sui sintomi e non possono portare alla guarigione. Le infiltrazioni possono essere efficaci. Possono essere di acido ialuroniuco o , in casi selezionati, di altro tipo. Per i casi di artrosi avanzata, peraltro, anche queste hanno scarso effetto. A quel punto, bisogna cominciare a pensare all’intervento chirurgico.
Anca, artrosi e protesi. Quando l’intervento è necessario
Quando il dolore è costante o quotidiano al punto da necessitare di antidolorifici ogni giorno ed è accompagnato da limitazione funzionale nelle attività di tutti i giorni, si deve prendere in considerazione l’intervento di protesi. Ovviamente, dopo tutti i necessari esami radiologici che permettono una valutazione attenta delle strutture anatomiche della persona e del loro effettivo deterioramento.
Le tecniche chirurgiche hanno fatto passi da gigante. L’intervento di protesi d’anca è un intervento di successo. 15 anni fa è stato definito l’intervento del secolo perché permette la ripresa delle attività quotidiane e una vita quasi normale o normale. Nel corso degli anni, ha subito notevoli evoluzioni nei materiali che sono biocompatibili e molto resistenti all’usura. Permettono quindi una maggior sopravvivenza degli impianti. Sono evolute però anche le tecniche. Quelle chirurgiche e quelle di approccio all’intervento e al paziente. Oggi gli approcci sono anteriore, laterale e posteriore. Il più utilizzato è il posteriore. L’anteriore è in crescita. Le protesi sono diverse per materiali, taglie e forme. Anche per diversi metodi di fissazione. Ci sono protesi cementate e protesi non cementate.
C’è stata anche una notevole evoluzione nel controllo del dolore e nella ripresa. Il paziente può alzarsi lo stesso giorno o al massimo il giorno dopo. Il percorso riabilitativo è variabile e personalizzato sul singolo paziente.
E’ sempre necessario il follow-up: visite di controllo periodiche per verificare la condizione.
Il Dott. Rocco D’Apolito, specialista in Ortopedia e Traumatologia, visita in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, Tel. 035.298468.
Quando la cuffia dei rotatori si infiamma e in alcuni casi si lesiona sono molti i problemi per la spalla. Lo racconta in modo chiaro il Dott. Pietro Agostini, Medico Fisiatra in Politerapica. Lo fa su l’Eco di Bergamo, nella sua prestigiosa Pagina della Salute.
Qui l’articolo completo: L’Eco di Bergamo – 30.04.2023 – Lesione cuffia rotatori, Agostini – Def
La cuffia si infiamma e sono problemi per la spalla
I dolori alla spalla sono piuttosto comuni; circa 3 persone su 10, tra gli adulti, ne soffrono almeno una volta. La spalla congelata e le lesioni della cuffia dei rotatori rappresentano i disturbi più diffusi ra le persone di mezz’età e e le persone anziane.
Quando la spalla fa male, dice il Dott. Agostini, siamo spesso di fronte a un’infiammazione della cuffia dei rotatori. Si chiama così l’insieme di muscoli e rispettivi tendini dell’articolazione della spalla. Sono il sovraspinato, l’infraspinato, il piccolo rotondo e il sottoscapolare. Questi lavorano in sinergia con i muscoli del braccio e, in particolare, del muscolo capolungo del bicipite. E’ chiamata cuffia perché i suoi tendini formano una vera e propria cuffia intorno alla testa dell’omero per proteggere l’intera articolazione.
La sua infiammazione procura un dolore che può togliere il sonno e limitazioni funzionali che incidono sulla vita di tutti i giorni e può essere causa di ulteriori problemi.
La spalla è un’articolazione libera
Possiamo dire che la spalla sia l’articolazione più libera del corpo umano. Nessun’altra permette lo stesso numero di movimenti e la loro ampiezza. Questo è dovuto al fatto che si tratta di un’articolazione instabile. La scapola che è il suo osso principale si articola, da na parte, all’omero e quindi al braccio e, dall’altra, alla clavicola. Rimane però solo appoggiata alla cassa toracica. La sua stabilità dipende dai muscoli della spalla che svolgono, per questo, un lavoro notevole e continuo.
Traumi, carichi sbagliati, movimenti scorretti e ripetuti nel tempo sono tra le cause di sollecitazioni eccessive dei tendini della cuffia. Le conseguenze possono essere stiramenti, strappi e piccole lesioni (anche fino a 1,5 cm) dei suoi muscoli e del muscolo capolungo del bicipite che diventano poi causa di infiammazione e non solo.
Il primo sintomo è il dolore. Ci sono poi le limitazioni funzionali. Si fa fatica a mettersi la giacca o a prendere qualcosa in alto. Se non si agisce subito, la situazione può peggiorare e si può arrivare alla sindrome da conflietto e alla “spalla congelata”. Si definisce così quella condizione nella quale non si riesce quasi piàù a muovere la spalla.
Descrive bene i sintomi, il Dott. Agostini, e spiega poi ancora molto bene quali siano le cure. Ce ne sono diverse. Combinano farmaci, massaggi terapeutici e fisioterapia. Senza dimenticare le terapie fisiche, in particolare tecar e ultrasuoni ma anche laser e onde d’urto.
Ci sono buone possibilità di curare questa patologia così dolorosa e così invalidante. Ripristinando i rapporti articolari corretti e permettendo così di riprendere i normali movimenti del braccio.
Il Dott. Pietro Agostini è specialista di Medicina Fisica e Riabilitativa – Fisiatria. Visita in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468.
La fibromialgia è una malattia complessa. E il Dott. Sandro Lucaccioni, Reumatologo e Fisiatra in Politerapica, lo spiega bene. Una malattia difficile da curare e ancora più difficile da spiegare. Soprattutto è una malattia con cui è difficile convivere perché incide in modo pèesante sullla qualità della vita.
Martedì 25 aprile 2023, il Dott. Sandro Lucaccioni, Reumatologo e Fisiatra, è stato ospite della trasmissione “Fattore Bergamo – La Salute” di Bergamo TV per parlare di Fibromialgia. Conduceva la trasmissione, come sempre, Alberto Ceresoli, Direttore de l’Eco di Bergamo ed esperto di sanità per il quotidiano.
In 13 minuti è riuscito a parlare di Fibromialgia in modo chiaro, pacato, preciso, approfondito, toccandone tutti i suoi aspetti. Spiegano perché la si è considerata per lungo tempo una malattia psichiatrica. Descrivendone bene i sintomi e come questi siano pesanti e rovinio la qualità della vita. Parlando di come si diagnostica e di come si cura. Di più: illustrando in modo puntuale le diverse opzioni terapeutiche e le loro possibili efficace e inefficace.
La fibromialgia è una malattia complessa
La Fibriomialgia è una sindrome che colpisce prevalentemente le donne, in particolare tra i 25 e i 50 anni. Può però cominciare anche prima e anche dopo. Ci sono anche bambini e ragazzi con questo problema. E’ una malattia caratterizzata da un dolore cronico e soprattutto da un peggioramento costante della qualità della vita. Il dolore si fa sentire nel tronco e negli arti e si fa sentire soprattutto di notte. Si dorme quindi male con molti risvegli e alla mattina ci si alza più stanchi di quando si è andati a dormire.
E’ un dolore che si accompagna alla mancanza di forza. E’ continuo e raramente nel corso della giornata ci sono momenti di assenza di dolore e porta spesso chi ne è colpito a cercare di riposarsi. Molti pazienti si lamentano perché già nelle prime ore del pomeriggio non possono più svolgere attività lavorativa. Questa è una condizione invalidante e molte persone perdono il lavoro per questa condizione.
Il dolore si sviluppa perché viene a mancare il sistema di modulazione del dolore. Il nostro sistema nervoso ci aiuta a percepire il dolore per darci un messaggio di pericolo. Esiste però anche una rete a livello di midollo spinale e di cervello che agisce come una barriera perché non arrivi troppo dolore. In questi pazienti, quella barriera viene a mancare e ad oggi non ne sono ancora chiare le cause.
Dolore e forte stanchezza sono i primi campanelli di allarme dell’insorgenza della malattia. I pazienti si sentono spesso confusi o incapaci di ricordare le cose a causa probabilmente del fatto che lo scarso riposo limita le possibilità di recupero e le capacità psichiche risultano diminuite.
Non ci sono esami e anche la cura è complessa
Prima si comincia a curarla e meglio è perché se l’infiammazione diventa cronica e rimane così troppo a lungo, possono verificarsi anche danni ai muscoli.
Per molti anni questa malattia è stata considerata una problematica di tipo psichiatrico. In realtà siamo di fronte ad un problema che può essere determinato da molti fattori. Tra questi ci sono episodi traumatici, fisici e psichici. Ci sono poi le malattie reumatologiche. Non è poi raro vedere comparire una sindrome fibromialgica a seguito di malattie ginecologiche o gastrointestinali come reflusso o colon irritabile, o anche dopo la comparsa di ipotiroidismo.
Per giungere alla diagnosi non ci sono esami. Questa è solo clinica. Durante la visita, lo specialista raccoglie un’anamnesi accurata e cerca i tender point, punti dei muscoli che risultano duri e dolenti. Proprio la mancanza di altri esami e di riscontri obiettivi ha portato per molto tempo a considerare psichiatrici i pazienti che soffrono di fibromialgia.
Siamo di fronte a una sindrome che si può curare ma è di grande aiuto la diagnosi precoce. Prima si comincia e meglio è. Le terapie sono a base di farmaci e di integratori ma soprattutto è necessario un approccio che preveda la fisioterapia. Insieme a un po’ di ginnastica anche banale. Un buon consiglio è quello di fare una camminata di un’oretta ogni giorno per tyenere i muscoli in esercizio e impedire la rigidità che è un altro aspetto legato a questa malattia.
La fibromialgia è una malattia complessa ma non impedisce la maternità
Curandosi si può convivere con la malattia. Bisogna però tenere presente che spesso i farmaci possono non funzionare se somministrati ad un dosaggio privo di effetti collaterali. Quindi bisogna scegliere tra farmaci e dosaggi che riducono in modo significativo il dolore ma che producono effetti collaterali (uno tra questi è la sonnolenza perché spesszo si usanoi antidepressivi per le cure) oppure sentire un po’ più di dolore ma essere un po’ più lucidi.
Con l’inizio della cura, inizia anche un lungo percorso con delle tappe necessarie a valutare gli effetti delle cure. L’obiettivo è quello di contenere e limitare gli effetti della patologia. Una volta iniziata la cura, si riesce a riprendere anche il sonno. A volte è necessario ricorrere a prodotti che aiutino. Sono consigliabili Melatonina o prodotti naturali.
La familiarità è importante. Probabilmente c’è qualcosa di genetico in questa patologia che non si è riusciti ancora ad inquadrare. Un’ottima prevenzione è un’attività sportiva regolare che mantenga in forma. Possono essere utili massaggi o cure termali. Un’alimentazione riucca di vitamine e sali minerali aiuta. sia per ridurre le contratture che per ridurre dolore e stanchezza. La vitamina D aiuta molto perché rtiduce la stanchezza.
Le donne che vengono colpite da giovani possoni n ogni caso diventare mamme anche se sicuramente faranno più fatica a reggere i ritmi della vita. Possono però raggiungere i loro obiettivi.
Il Dott. Sandro Lucaccioni – Reumatologo e Fisiatra visita in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e appuntamenti, Tel. 035.298468.
Il Dott. Sergio Clarizia, Pediatra in Politerapica, interviene sulla rivista Bergamo Salute per spiegare quando l’aerosolterapia serve davvero. Sì perché la terapia con aerosol è una pratica molto usata ma non sempre nel modo giusto. Il suo abuso o il suo uso scorretto può anche essere causa di problemi. Lo racconta bene il Dott. Clarizia che non perde occasione per dare anche preziosi consigli su come curare in modo corretto diversi malanni dei bambini. Ed è brava la giornalista, Viola Compostella, ad esporre nel modo più efficace i molti contenuti e suggerimenti.
Qui si può scaricare l’articolo completo: Bergamo Salute 27.4.2023 – Aerosolterapia quando serve davvero. Dott. Clarizia
Intanto non serve per raffreddore e tosse
L’aerosol non serve per raffreddore e tosse. E non servono altre medicine. Lo dice in modo chiaro il nostro Pediatra. Questi sono malanni che guariscono da soli nel giro di qualche giorno. Lo stesso vale per l’influenza se non si verificano complicazioni. Se il bimbo ha la febbre che arriva a 38,5, si somministra un farmaco per abbassarla e si aspetta che passi, giocando con lui, leggendo un libro raccontandop fiabe e… portando pazienza.
Per liberare il nasino sono sufficienti dei lavaggi con soluzione fisiologica o con soluzione ipertonica. Per aiutare il piccolo a respirare meglio, inoltre, è opportuno che il tasso di umidità nel locale dove gioca e riposa sia compreso tra il 40% e il 60%. Se l’aria è molto secca, si potranno utilizzare gli umidificatori; se invece il tasso di umidità è troppo alto, come può accadere in zone lacustri o marittime, si potrà usare (al bisogno) un deumidificatore.
Insomma, le mamme hanno molti strumenti a disposzione contro questi disturbi ma tra questi non ci sono aerosol e farmaci. Meno ancora gli antibiotici! Bisogna evitare il ricorso a questi farmaci quando non è necessario. E questo lo decide il medico.
E a proposito del medico… è vietato il fai da te!
Quando l’aerosol serve davvero lo decide il medico. L’aerosol è una terapia, non lo dobbiamo dimenticare. E il fai da te, quando si tratta di farmaci e terapie, è assolutamente sconsigliato. Anzi, aggiunge il Dott. Clarizia, è da evitare sempre, tanto più se riguarda bambini molto piccoli.
L’aerosol deve essere utilizzato solo se il pediatra che ha visitato il bimbo lo ritiene necessario o comunica alla famiglia di eseguirlo in modo autonomo in caso di sintomi ricorrenti. Bisogna seguire in modo scrupoloso le sue indicazioni per quanto riguarda i farmaci da nebulizzare, le dosi, la frequenza delle sedute e la durata complessiva della cura. Anche quando il bimbo ha già avuto un episodio simile nelle settimane o nei mesi precedenti e il genitore pensa di sapere già qual è la terapia da somministrare. E’ sempre opportuno rivolgersi al pediatra, sia per una diagnosi – non è detto che quello in corso sia lo stesso disturbo avuto in precedenza – sia per ricevere indicazioni corrette sull’eventuale terapia da eseguire. Soprattutto per bimbi sotto l’anno di età.
Quando l’aerosolterapia serve davvero. Asma e broncospasmo
L’aerosolterapia serve davvero – anzi, è una terapia fondamentale – quando abbiamo bambini asmatici che soffrono di infiammazioni bronchiali e broncospasmo. Per combattere l’infiammazione dei bronchi vengono nebulizzati antinfiammatori (oggi i più utilizzati sono i cortisonici), mentre per il broncospasmo si ricorre ai broncodilatatori.
Con l’aerosolterapia, il farmaco viene nebulizzato, ovvero spezzettato in minuscole particelle che, proprio per le loro dimensioni ridotte, riescono a penetrare nelle vie respiratorie più basse. Così il principio attivo viene trasportato proprio dove è necessario e agisce più rapidamente, dato che per via inalatoria il percorso del farmaco è più breve. In questo modo si ottiene un beneficio maggiore e si riducono i potenziali effetti collaterali.
Il ricorso all’aerosol è indicato, inoltre, per i bambini che soffrono di laringiti o laringospasmo e nei bambini affetti da malattie croniche, come la fibrosi cistica. Per i bambini che soffrono di bronchite asmatica e devono sottoporsi con una certa frequenza ad aerosolterapia, esiste un altro strumento che permette di somministrare i farmaci per via inalatoria e presenta gli stessi vantaggi dell’apparecchio per aerosol. Si tratta del distanziatore, un accessorio di forma cilindrica che, applicato alla bomboletta spray che contiene la medicina, trattiene il farmaco nebulizzato, in modo tale che il bimbo lo possa inspirare tramite una mascherina, nell’arco di cinque o sei respiri, conclude il dottor Clarizia.
Possiamo battere il cancro del colon retto. Abbiamo potenti strumenti per farlo anche se siamo di fronte al secondo tumore in Italia. Il cancro che è ancora una delle cause di morte maggiori in ambito oncologico. Quello che quando si prende in fase avanzata, necessita di interventi chirurgici pesanti.
Lo abbiamo voluto raccontare in modo serio ma sereno perché il nostro obiettivo non è quello di spaventare. E’ invece quello di spiegare alle persone di cosa stiamo parlando e quello che possiamo fare. E siccome quello che possiamo fare è tanto, ci siamo concentrati in particolare su questo.
Lo abbiamo fatto con una serie di iniziative che abbiamo tenuto sul territorio in occasione della Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica insieme a LILT Bergamo Onlus e agli amici del progetto Insieme si può. Insieme funziona – 2023. E la prima di queste iniziative è stata quella di un incontro-convegno in presenza e in diretta streaming dal Teatro Aurora di Seriate, il 24 marzo 2023.
E qui trovate la videoregistrazione dell’incontro
Sì, possiamo battere il cancro del colon retto
La medicina e la chirurgia hanno fatto passi da gigante e oggi abbiamo cure molto più efficaci di quelle che avevamo solo una ventina di anni fa. Le armi più efficaci di cui disponiamo, però, rimangono quelle della prevenzione e della diagnosi precoce. Sì, perché quelle armi ci sono e funzionano molto bene. Lo dice l’Associazione Italiana di Oncologia Medica nel suo rapporto sui numeri del cancro, in Italia, nel 2022. Il principale fattore di rischio dei tumori del colon retto è quello degli scorretti stili di vita. E qui intendiamo alimentazione scorretta, movimento scorretto e abitudini scorrette come quella del fumo o dell’eccessivo consumo di alcol.
Possiamo prevenire il cancro del colon retto. Possiamo evitare che ci venga. E dipende solo da noi. Poi c’è la diagnosi precoce per la quale il Sistema Sanitario ci mette a disposzione uno strumento che funziona molto bene e che non ci costa nulla. Quello della ricerca del sangue occulto nelle feci.
Perché quasi sempre il cancro del colon retto non si manifesta subito nella sua forma maligna. Si presenta con formazioni precancerose nel basso intestino. La ricerca del sangue occulto permette di intercettarle per toglierle e evitare che il cancro diventi cancro. E anche qui, dipende da noi. Siamo noi che dobbiamo decidere di aderire alla proposta di screening che ci arriva a casa dal Sistema Sanitario.
Lo abbiamo raccontato
Lo abbiamo raccontato in modo serio ma sereno, dicevamo, in occasione della Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica 2023. Intorno a questo momento abbiamo organizzato il secondo appuntamento di “Insieme si può. Insieme funziona – 2023”. Questo è il progetto che stiamo realizzando per promuovere la cultura della salute sul territorio tra la gente. E, con essa, quindi, comportamenti sani e orientati al benessere a cominciare da quelli che favoriscono la prevenzione e la diagnosi precoce.
Noi siamo
– ACP – Associazione Cure Palliative
– AILAR – Associazione Italiana Laringectomizzati
– AOB – Associazione Oncologica Bergamasca
– Associazione Amici di Gabry – Cancro al seno
– Insieme con il Sole dentro – Melanoma e cancro della pelle
– LILT Bergamo Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori
– Politerapica – Terapie della Salute
Un progetto importante a cui enti importanti hanno concesso il loro patrocinio:
– ATS Bergamo
– ASST Bergamo Est
– ASST Papa Giovanni XXIII
– Humanitas Gavazzeni
– Fondazione Angelo Custode
– Provincia di Bergamo
– Collegio dei Sindaci della provincia di Bergamo
– Ambito Territoriale di Seriate
– Comune di Bergamo
– Città di Seriate
– CSV Bergamo
Senza contare la collaborazione che hanno poi voluto assicurare:
– Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo
– Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo
Possiamo battere il cancro del colon retto
L’incontro è durato un paio di ore, come sempre. Abbiamo sofferto un po’ per qualche problema tecnico ma crediamo di essere riusciti a raccontare e spiegare. L’argomento era molto importante e, come sempre in queste occasioni, anche questa volta, la stampa ha dato molto risalto al lavoro.
Documenti
1. Cancro del colon-retto – Presentazione – 03.03.2023
2. Cancro del colon-retto – Prestazioni e attività sul territorio – Comunicato
3. Cancro del colon-retto – Comunicato
4. Cancro del colon-retto – Convegno 24.3.2023
5. Cancro del colon-retto – Marzo Aprile 2023 – Attività
6. Cancro Colon Retto – 2023.02 – locandina
Stampa
1. L’Eco di Bergamo – 19.2.2023 – Screening oncologici – Def
2. L’Eco di Bergamo – 04.03.2023 – Iniziative su cancro colon-retto – Def
3. L’Eco di Bergamo – 12.3.2023 – Prevenzione cancro colon-retto, Gaffuri – Def
4. L’Eco di Bergamo – 19.03.2023 – Pagina della Salute, Convegno Colon-retto – Def
5. L’Eco di Bergamo – 24.03.2023 – Convegno cancro colon-retto – Def
6. Clusone_ 100 studenti in cammino con la Lilt – Valseriana News – Def
7. ecodibergamo.it – 01.04.2023 – Passeggiata della Salute, Clusone – Compressed
8. L’Eco di Bergamo – 02.04.2023 – XII Passeggiata della Salute a Clusone – Def
Video
A questo link è disponibile una Playlist con diversi contributi video: https://www.youtube.com/playlist?list=PLu2-8BMyaDinW_5eJbaO8FcqhvGCt3Bap:
– videoregistrazione integrale del convegno del 24.3.2023
– sigla di apertura
– servizio TG Bergamo TV – 14.3.2023
– intervento a Colazione con Radio Alta/Bergamo TV – servizio TG Antenna 2 – 20.3.2023
– serizio TG Antenna 2 – 30.3.2023
Foto
pertanto
quindi
infatti
peraltro
dunque
pertanto
quindi
infatti
peraltro
dunque
La Dott.ssa Francesca Lancini spiega la scoliosi negli adulti sull’Eco di Bergamo. Lo fa con un bell’articolo nel quale la descrive in modo chiaro e prova a rispondere così a diverse domande. Cos’è la scoliosi nell’adulto oltre che nel ragazzo? Perché è un grosso problema? Come si manifesta? Quali sono i gravi disturbi che procura? Come si cura?
Lo potete leggere qui: L’Eco di Bergamo – 26.03.2023 – Scoliosi, Lancini
Dal 1° gennaio di quest’anno, la Dott.ssa Lancini collabora con Politerapica. E’ specialista in Fisiatria. Quella specialità medica che si occupa della salute di ossa, articolazioni e muscoli da un punto di vista medico e non chirurgico.
In particolare, la Dott.ssa Lancini è una nota esperta di scoliosi. Se ne occupa da sempre. Sia che riguardi bambini e ragazzi, sia che riguardi gli adulti. E anche da noi si occupa di scoliosi. Nella nostra struttura, non si limita infatti a visitare ma prende in carico i suoi pazienti e li segue in tutto il percorso di cura.
Da gennaio è con noi e già contribuisce al nostro impegno per promuovere la cultura della salute sul territorio. Questa volta con l’articolo sulla scoliosi elo fa perché si parla molto spesso di quella nei bambini e nei ragazzi ma loto di rado di quella in età più avanzata. Che pure c’è e procura problemi seri.
La Dott.ssa Lancini spiega la scoliosi negli adulti
La Dott.ssa Lancini comincia col dire che la scoliosi idiopatica è una deformazione tridimesionale della colonna vertebrale. La colonna presenta così una o più curve laterali che sono composte da vertebre ruotate sul loro asse. Di norma, viene diagnosticata e curata nell’età della crescita, nella quale può evolvere in modo rapido. Ne soffrono in tanti e può provocare molti problemi.
Questa patologia spesso permane anche in età adulta. Eppure, al termine della crescita, viene di solito ignorata e rimane come un ricordo dell’età adolescenziale. In realtà, nell’adulto la scoliosi idiopatica non è stabilizzata ma progredisce lentamente. Sono diversi i fattori che favoriscono il peggioramento e questo non dovrebbe essere mai sottovalutato.
Dolore e non solo
Il primo sintomo che riporta l’attenzione del paziente e del medico sulla persistenza della scoliosi in età adulta è il dolore. Può manifestarsi prima, a causa di attività lavorative manuali e pesanti, oppure più avanti per l’aggravamento della deformità scoliotica. Nell’adulto il dolore acuto o subacuto è spesso provocato dalla precoce degenerazione dei dischi intervertebrali. In età più avanzata invece il dolore può divenire cronico e invalidante. Questo succede a causa della riduzione del diametro del canale spinale e dei forami intervertebrali o a causa dello scivolamento laterale di una o più vertebre.
Il dolore, precisa la Dott.ssa Lancini, è sempre associato allo squilibrio posturale del tronco che si aggrava quando peggiorano le curve dorsale e lombare e quando si riduce la lordosi lombare. A questi sintomi possono associarsi debolezza degli arti inferiori e claudicatio neurogena intermittente. Anche queste sono dovute al restringimento del canale spinale e dei forami intervertebrali. Se coesiste osteoporosi, i corpi vertebrali possono cedere in modo asimmetrico aggravando la curva scoliotica.
La progressione della patologia provoca marcata difficoltà a mantenere la stazione eretta, ridotte reazioni di equilibrio e progressiva diminuzione del cammino. La scoliosi idiopatica dell’adulto, caratterizzata da sviluppo molto lento, accelera la sua evolutività quando la curva scoliotica diviene instabile per la deformazione delle vertebre e dei dischi intervertebrali e per la perdita della lordosi lombare.
Racconta ancora molto la Dott.ssa Lancini
Racconta ancora molto la Dott.ssa Lancini sulla scoliosi nell’adulto. Come si arriva alla diagnosi e come si cura. In particolare, facendo riferimento ai gradi delle curve scoliotiche che si misurano secondo la scala di Cobb.
Vale la pena di leggerlo tutto l’articolo. Mettendoci un po’ di attenzione ma senza essere costretti a fare troppa fatica. E se qualcosa non fosse del tutto chiaro e se nascesse qualche dubbio sulla propria condizione o su quella di qualche familiare, si può sempre ricorrere alla Dott.ssa Lancini che riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e per appuntamenti, tel. 035.298468
Il Dott. Foresti su aneurisma aorta addominale. Sembra il titolo di un film. Stiamo invece parlando di una cosa utile intorno ad un tema serio. Lo scorso 23 marzo, il Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare in Politerapica, è stato ospite della trasmissione Fattore Bergamo. La Salute su Bergamo TV.
Qui ha parlato di aneurisma dell’aorta addominale. E ha cominciato dicendo che questo è un tema che sta molto a cuore ai chirurghi vascolari. Sono infatti 6.000 le morti all’anno per rottura di questo aneurisma e si potrebbero evitare. Con un’ecografia!
Dodici minuti di trasmissione. Chiari, precisi. Parole semplici per contenuti complessi. E’ andata proprio così. E lo potete vedere qui:
Aneurisma aorta addominale
L’aneurisma è una dilatazione di un vaso di oltre il 50% del suo diametro. L’aorta ha un diametro di 2 cm. Si può dire che c’è un aneurisma quando lo spessore divente di 3 cm.
Oggi, la mortalità per rottura dell’Aorta addominale è molto alta. Il 75% di chi ne è colpito. La rottura dell’aorta addominale, infatti, procura un’emorraggia gravissima che mette in immediato pericolo di vita. Il restante 25% se la cava perché il nostro corpo ha dei meccanismi di difesa. In questo caso, visceri e intestino cercano di fare da tappo alla rottura e in certi casi ci riescono. Questo 25% riesce così ad arrivare in ospedale e ad essere operato, salvandosi. Ma è una condizione molto fortunata. Anche il 75%, però, se la sarebbe potuta cavare se solo avesse fatto al momento opportuno una “banale” ecografia.
Non se ne conoscono le cause
Ancora oggi, non si sa bene quali siano le cause dell’aneurisma dell’aorta addominale. Ci sono diverse ipotesi ma nessuna ancora sicura. Sembra che gli uomini siano più a rischio delle donne. Che dopo i 65 anni di età c’è un aumento molto forte dell’incidenza. Che la razza bianca sia più esposta alla malattia. E che quindi un uomo di razza bianca che ha superato i 65 anni di età ha la massima indicazione a fare un’ecografia dell’aorta addominale. Soprattutti se ha familiarità.
Non ci sono sintomi. Di solito, quando i sintomi si manifestano è quasi troppo tardi. Significa che c’è stata la rottura e l’emorragia è in atto. C’è un segnale però che, in alcuni casi, potrebbe permettere una valutazione precoce. Appoggiando la mano sulla pancia, si avverte una pulsazione.
L’ecografia salva vita
Un’ecografia permetterebbe di riconoscere una dilatazione dell’arteria addominale e da lì si potrebbe iniziare ad eseguire una serie di controlli. Per esempio, un ecocolordoppler degli arti inferiori perché anche lì ci potrebbe essere un’aneurisma. E pure un ecocardiogramma perché anche le arterie coronarie potrebbero avere un aneurisma. Anche un’ecografia delle arterie del collo, le carotidi, perché si è visto che nel 40% di presenza di aneurisma dell’aorta, è presente anche la stenosi di queste arterie.
Una volta triovato l’aneurisma dell’aorta addominale non è sempre necessario intervenire subito con la chirurgia. Inannzi tutto si correla il suo diametro con la possibiltà che si rompa. Possiamo dire che si operano i pazienti che hanno un aneurisma di oltre 5,5 cm di diametro. Che è molto più del 50% in più del diametro normale. Ma ci sono altre condizioni che devono essere valutate e che possono fare decidere per l’esecuzione dell’intervento. La velocità della crescita, per esempio. Se è alta, si decide di intervenire anche prima che sia superato il diametro dei 5,5 cm.
Strategia di cura disegnata sul paziente
In ogni caso, la strategia di cura viene definita sulle condizioni di ogni singolo paziente.
Oggi si tende ad eseguire l’intervento chirurgico con metodiche minivasive. Solo in alcuni casi, si esegue in modo tradizionale, con il taglio, a cielo aperto, come si dice. L’abilità del medico sta nel capire quale approccio dà i migliori risultati a lungo termine.
Il Chirurgo vascolare è anche un “ecografista”. Questo vale sia per la fase di cura medica, sia per quella di diagnosi. Sia per quella successiva all’intervento, quando questo è stato praticato. Il ruolo dell’ecografia – con mezzo di contrasto può arrivare ad avere una definizione quasi pari a quella della TAC con molto minore esposizione radiologica – diventa essenziale per controllare pazienti che sono stati operato con la tecnica endovascolare.
Il Dott. Foresti su aneurisma aorta addominale
“Il Dott. Foresti su aneurisma aorta addominale” allora non è il titolo di un film. Possiamo dire che invece sia una specie di “libretto di istruzioni” televisivo che può aiutare molto.
Il Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare, visita in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e appuntamenti, Tel. 035.298468.
L’abbiamo detto pure in TV che la salute è anche psicologica. Sì, perché la salute non è solo fisica. Quella psicologica è altrettanto necessaria e ha la stessa dignità. E deve essere curata con la stessa attenzione.
Lo ha spiegato bene la Dott.ssa Valeria Perego, Psicologa e Psicoterapeuta in Politerapica. Lo ha fatto lo scorso 27 febbraio, ospite di Fattore Bergamo, la trasmissione di Bergamo TV dedicata alla salute. Dodici minuti di dialogo con Alberto Ceresoli, Direttore de l’Eco di Bergamo e esperto di sanità. Dodici minuti per parlare in modo chiaro di un argomento che fa ancora un po’ paura per i pregiudizi da cui è circondato ma che riguarda un aspetto essenziale della slaute della persona.
Qui il video della trasmissione:
Abbiamo detto pure in TV che la salute è anche psicologica
Si va dallo psicologo per stare bene. Così la Dott.ssa Perego ha risposto alle due domande con cui il conduttore ha aperto la trasmissione: Perché andare dallo psicologo? Perché c’è bisogno dello psicologo?
E ricorda che salute non è assenza di malattia ma stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Questa, infatti, è la definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quindi anche la parte emotiva e relazionale della persona deve stare bene ed essere curata. Lo psicologo aiuta a fare proprio questo. Tanto più che qui non si parla solo di dimensione individuale ma anche di dimensione sociale. Se non si sta bene con sé stessi, anche le relazioni hanno delle conseguenze. Relazioni di coppia, di famiglia, lavorative.
Il diritto a stare bene riguarda tutto l’insieme della persona. Se ci ammaliamo, andiamo dal medico e abbiamo diritto di essere curati. Questo però deve valere anche per il malessere psicologico.
La cultura dell’importanza di chiedere aiuto anche da questo punto di vista sta un po’ cambiando. Rimane ancora lo stigma intorno a questa dimensione della persona. “Dallo psicologo ci va chi è matto”, si pensa ancora troppo spesso. Esiste ancora il pregiudizio.
Psicologo, psicoterapeuta e psichiatra. Quali sono le differenze?
E’ utile anche capire quale sia la differenza tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra. Lo psicologo aiuta la persona a prendersi carico della difficoltà del momento e a tirare fuori le proprie risosrse per risolverle.
A volte però le difficoltà non sono riferite solo a qui e ora ma hanno radici nel profondo. Come l’iceberg dui cui si vede solo la parte più superficiale ma in realtà esiste una massa molto maggiore che non si vede. Lo psicoterapeuta aiuta ad affondare un po’ì di più dentro di sé, a vedere le cause della propria sofferenza e a lavorarci. Lo psicoterapeuta è uno psicologo o un medico che ha seguito un ulteriore percorso di formazione per potere acquisisre gli strumenti necessari alla sua professione.
Lo psichiatra ha una formazione medica. Si occupa anche lui del benessere emotivo, psicologico e relazionale della persona, anche attraverso il supporto dei farmaci.
La necessità e il diritto di stare bene
Parliamo comunque di tre operatori che devono lavorare insieme, intorno alla perosna, in funzione delle sue necessità, apportando ognuno le proprie competenze e la propria esperienza professionale.
Sono diverse le aree di attività dello psicologo. Si potrebbe dire che parliamo di aree che riguardano l’intera vita della persona. Ansia, depressione, tono dell’umore. Disturbi alimentari o del sonno. Tutta la fascia delle fatiche relazionali. Anche all’interno della famiglia. Anche quelle che riguardano il bambino. E quelle della genitorialità. Poi quelle che riguardano la sfera dell’intimità e della sessualità. Potremmo dire, in generale, tutto quello che non ci fa stare bene.
Perché il punto è proprio questo: ricorriamo all’aiuto dello psicologo quando qualcosa non ci fa stare bene. E lo dobbiamo fare perché è un diritto e una necessità. La necessità di stare bene e di curare la salute psicologica. Quella parte della slaute che ha la stessa dignità e la stessa importanza di quella fisica.
La Dott.ssa Valeria perego riceve in Politerapica, a Serate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468