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Acufene. Larsen per Caparezza. Valeria Perego

20 Aprile 2021
Acufene. Larsen per Caparezza

Acufene Larsen per Caparezza. Ne scrive la Dott.ssa Valeria Perego, Psicologa che collabora con Politerapica nell’ambito del progetto Medicina Vicina. Lo fa partendo da qualcosa che solo apparentemente non ha nulla a che fare con l’acufene: una canzone. Una canzone scritta e cantata da Caparezza che di questo disturbo soffre da tempo e a cui ha deciso di dare un nome, Larsen appunto.

Per farlo – racconta la Dott.ssa Perego – Caparezza si ispira al fisico S. A. Larsen. Probabilmente lo fa anche per un altro motivo: l’Acufene è un disturbo di cui la vita è così impregnata – terribilmente intrisa – da diventare parte della quotidianità di chi ne soffre. Da potere diventare anche una canzone.

Ringraziandola per il suo contributo, pubblichiamo qui di seguito l’intervento sull’Acufene e il suo grosso peso psicologico, che la dottoressa ci ha messo cortesemente a disposizione.


…Fischiava per la mia attenzione, un po’ come si fa con i taxi
Senza una tregua una continuazione ma come si fa a coricarsi
Da solo nel letto a dannarmi, nella stanza cori urlanti
Di colpo leggevo i labiali, quindi basta coi romanzi

Uno squillo ossessivo, come un pugno su un clacson.
Primo pensiero al mattino,
l’ultimo prima di buttarmi giù dal terrazzo.
..
Parlo di Larsen e metto mano alla fondina
Alzo la cortina
Sentivo fischi pure se il locale carico applaudiva
Calo d’autostima
Non potevo ascoltare la musica come l’ascoltavo prima
Io Lagostina, una pressione continua
La depressione poi l’ira…

Larsen

Larsen. Il titolo di una canzone di un noto cantautore italiano, piuttosto recente: Michele Salvemini, in arte Caparezza. Larsen, il nome che il cantante dà all’acufene di cui soffre dal 2015. Un nome, come lo si dà a una persona, a una presenza che non lo lascia mai, che fa parte della sua vita e della sua quotidianità da allora. Larsen, il riferimento è al fisico acustico S.A. Larsen, che ha descritto l’effetto Larsen, appunto, cioè il feedback acustico che si produce quando un microfono è troppo vicino o in direzione dell’altoparlante. Più concretamente un fischio, uno stridio… che non abbandona mai…

Nel testo della canzone di Caparezza sta tutta la drammaticità di un problema diffuso, per il quale ancora non esiste chiarezza in merito alle cause. Sappiamo però chiaramente quanto sia importante che venga affrontato attraverso un approccio multidisciplinare e integrato.

Nel trattamento dell’acufene, è fondamentale la collaborazione dei diversi specialisti sia nella fase diagnostica, che in quella terapeutica. Le cause dell’acufene, infatti, sono diverse e non sempre chiare. Si può in ogni caso affermare che in questo disturbo vi siano anche fattori psicologici importanti che possono incidere nel suo sviluppo e anche nella sua gestione. Una presa in carico corretta di questi pazienti richiede, quindi, spesso l’intervento di questa professione.

Disturbi emotivi e psicologici. Uno su tre.

Si stima che sia piuttosto importante la percentuale di persone che soffre di Acufene. Tra queste, una su tre presenta anche altri disturbi emotivi e psicologici correlati alla problematica stessa, come:

  • difficoltà di concentrazione
    spesso l’attenzione è interamente rivolta alla percezione del suono disturbante
  • stanchezza e disturbi del sonno
    disequilibrio nel ritmo sonno-veglia, difficoltà nell’addormentamento, risvegli frequenti
    in generale, chi soffre di acufene riferisce che il problema si intensifica nelle ore serali e notturne, quando i rumori ambientali presenti di giorno diminuiscono, facendo emergere la percezione dell’acufene stesso
  • ansia ed evitamento
    chi soffre di acufene spesso tende a voler evitare l’esperienza disturbante, arriva a fare di tutto per evitare il silenzio, con l’effetto paradossale di far aumentare poi l’ansia stessa e il livello di stress per gestirla
  • depressione
    l’esperienza che vivono molti pazienti è quella di doversi confrontare con una problematica per la quale non esiste un unico modello di trattamento e che in molti casi non è risolutivo in modo definitivo
    la paura di dover convivere per sempre con questo malessere, senza la possibilità di alcun controllo su di esso, può portare a disturbi dell’umore importanti, finanche alla depressione
  • rimuginio
    l’acufene è il primo pensiero al mattino; è un pensiero intrusivo, ripetitivo, un pensiero che imprigiona la mente delle persone che ne soffrono, sia per quanto riguarda il fatto di trovare a tutti i costi una causa che lo ha determinato, che per la ricerca di una cura risolutiva.

Diversi livelli di sofferenza

Chi soffre di Acufene sperimenta diversi livelli di sofferenza anche in base alle sue caratteristiche psicologiche personali. La qualità di vita  ne è quindi inficiata in modo diverso, a seconda degli individui. Quello che è certo però è che i sintomi correlati all’Acufene sono invalidanti per chi soffre di questo disturbo e per chi gli sta intorno. In alcuni casi è la sofferenza psicologica a determinare un fattore di stress scatenante. Quando questo accade, si genera poi un circolo vizioso da cui è ancora più complesso uscire senza l’aiuto di una persona esperta e competente.

In ogni caso, questo disturbo rappresenta un evento stressante nella vita di un individuo, con un’importante ricaduta sulla sua vita sociale e familiare. Non di rado chi è affetto da Acufene ha avuto anche paura di soffrire di disturbi psichiatrici, dal momento che si ritrova a “sentire suoni che non vengono percepiti da nessun altro”.

Il supporto psicologico, parte della cura

Il supporto psicologico e la psicoterapia possono migliorare la qualità di vita di chi soffre di questo problema. L’intervento dello psicologo può avvenire in diversi ambiti: il sostegno psicologico al paziente nella gestione della sua patologia prima e del percorso terapeutico poi, così come il sostegno ai familiari di chi è affetto da questo problema.

L’obiettivo di un percorso psicologico è innanzi tutto quello di permettere al paziente di conoscere meglio il problema, comprenderlo e accettarlo, quando non curabile. È importante infatti aiutare la persona a liberarsi da falsi miti e credenze per lavorare invece su obiettivi realistici e concreti. Accettare il proprio disturbo è il primo passo per non dargli eccessiva attenzione e ridurre la sensazione di disagio ed handicap. Il principale obiettivo terapeutico, infatti è quello di imparare a convivere con il disturbo riducendone la percezione e limitando così gli altri disturbi ad esso correlati.

Anche strumento di cura

Con il supporto psicologico non si cerca di eliminare il problema, ma si intende aiutare il paziente a convivere meglio con il problema che vive, anziché subirlo passivamente. L’obiettivo è quello di modificare i pensieri negativi che affliggono la mente di chi soffre di acufene, col fine di superare lo stress, l’ansia e la depressione, fino ad arrivare all’accettazione del sintomo stesso.

Esistono poi degli specifici approcci terapeutici, come la terapia cognitivo-comportamentale, e alcune tecniche, come l’EMDR – Eye Movement Desensization and Reprocessing, che oltre a contribuire positivamente al contenimento del disturbo dell’acufene, possono, in alcuni casi, addirittura ridurlo fino alla sua scomparsa.

 

Dott.ssa Valeria Perego
Psicologa e Psicoterapeuta