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La Cefalea cronica è una malattia sociale

16 Settembre 2021
La cefalea cronica è una malattia sociale

La Cefalea cronica è una malattia sociale. Lo ha stabilito una legge del Parlamento Italiano. Un problema molto serio, duque. Anche per la pesante sofferenza psicologica e relazionale che procura.

L’articolo che segue su questa condizione, terribilmente diffusa, ci è stato messo cortesemente a disposizione dalla Dott.ssa Valeria Perego, Psicologa e Psicoterapetuta.

La Dott.ssa Perego collabora con Politerapica – Terapie della Salute nell’ambito del progetto Medicina Vicina. Qui contribuisce alla presa in carico delle persone nella loro interezza, lavorando in team con tutti gli operatori sanitari della struttura. Svolge anche attività di Psicologa e Psicoterapeuta individuale e familiare. Coordina le attività di sostegno alla neogenitorialità.

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Cefalea – Malattia sociale

La cefalea cronica è una malattia sociale. Intendiamo dire che, a causa del considerevole numero dei soggetti colpiti, ha una grave incidenza sulla vita della società. A riconoscerlo, in Italia, è addirittura una legge. Parliamo della legge 14 luglio 2020, n. 81 dal titolo “Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale”.

Una vita complicata

Chi soffre di cefalea ha una vita molto complicata. Sperimenta un dolore cronico e insistente che perdura nel tempo e che può manifestarsi senza una causa organica riconoscibile. E’ costretto a ricorrere ad antidolorifici che hanno però scarsa efficacia nel lungo periodo. Oltre tutto, spesso non viene creduto.

Si tratta di una condizione che compromette la vita sociale, familiare e lavorativa della persona e si ripercuote anche su chi le vive intorno. E’ quindi una sofferenza che ha una sua dignità e come tale va considerata. Questo vale, indipendentemente dalla presenza o meno di una patologia fisica. Infatti, il dolore è un’esperienza soggettiva e non può essere definito solo da un punto di vista medico e fisico. Sarebbe una valutazione riduttiva e limitante.

Dobbiamo dirlo con chiarezza: quando parliamo di dolore bisogna considerare il fattore psicologico. La salute psichica e relazionale della persona può subire le conseguenze di un dolore cronico non più sostenibile dal paziente. In alcuni casi, il malessere emozionale può rappresentare la causa scatenante dell’algia (dal greco: algòs, dolore). In ogni caso, l’effetto dei fattori psicologici come ansia, stress, depressione e perfino caratteristiche di personalità, è negativo. Questi aumentano la sofferenza fisica della persona che ne soffre e aggravano la condizione di salute in generale.

Variabili psicologiche che peggiorano il dolore o la sua percezione

L’esperienza di dolore come quello della cefalea rende spesso la persona inabile sia fisicamente sia emotivamente. Può addirittura portare a cambiare il suo comportamento, la sua vita e le sue abitudini. Quando il dolore persiste nel tempo, è possibile che si instauri un circolo vizioso. Il dolore produce depressione, ansia e altri disturbi emotivi. Questi, a loro volta, producono malessere e possono intensificare il dolore percepito.

Osserviamo che molte persone che soffrono di cefalea riferiscono sentimenti di tristezza, sconforto, impotenza e rassegnazione. Arrivano anche a sperimentare veri e propri sintomi depressivi. Con un sintomo ormai divenuto cronico, la cefalea può inoltre causare preoccupazione, agitazione e dar vita a uno stato ansioso. Livelli di ansia oltre la norma, legati alla paura del dolore e all’eccessiva attenzione verso le sensazioni corporee hanno come effetto una maggior percezione di dolore. Si forma così un altro ciclo vizioso.

Risulta quindi chiaro che prendersi cura dei fattori psicologici di chi soffre di cefalea diventa una terapia per curare i suoi sintomi e, forse, in alcuni casi, le sue cause.

Come per molteplici patologie associate al dolore cronico, anche nella cefalea è comune la presenza di difficoltà legate al sonno. Siamo di fronte ancora ad un ciclo vizioso. La cefalea disturba il sonno e un sonno disturbato espone maggiormente al sintomo del dolore. Migliorare la qualità della vita fisica e psicologica può modificare l’associazione tra la cefalea e il disturbo del sonno. Si riduce così l’impatto del dolore sulla qualità del sonno e viceversa.

Infine, non è raro che chi soffre di patologie che fanno sperimentare un dolore cronico, provi un sentimento di rabbia. Questa è legata alla percezione della propria vita come limitata dal disturbo stesso. Ancora di più, è legata alla difficoltà nel riuscire a risolvere e curare definitivamente il proprio problema.

Variabili psicologiche che proteggono dal dolore

Alcuni aspetti della personalità dell’individuo possono aiutare ad affrontare in modo positivo il dolore. Sono fattori psicologici che, se presenti e sostenuti, aiutano le persone che soffrono di questo disturbo a condurre la propria vita. L’essere persone ottimiste e che non si arrendono, aiuta certamente ad affrontare con maggior positività il disturbo. Queste condizioni portano le persone ad aderire meglio alle prescrizioni mediche e ad avere così più probabilità di successo nel trattamento della cefalea. Esistono anche circoli virtuosi. Questo è uno di quelli. Atteggiamento positivo, migliore aderenza alle cure, maggiore successo, condizione positiva.

Anche l’accettazione del dolore aiuta. Intendiamo la predisposizione ad accoglierlo e a non osteggiarlo. Questa condizione aiuta a vivere un’esperienza dolorifica meno intensa. Ne consegue uno stato di maggiore benessere e a una maggiore riuscita delle terapie.

Il sostegno psicologico nel trattamento della cefalea

Il “mal di testa” è una patologia fisica ma i suoi sintomi possono costituire un segnale del corpo o della mente da non trascurare. Questa malattia, infatti, come molte altre, è un processo che coinvolge il corpo e la mente in maniera inscindibile. Per questo è fondamentale integrare i trattamenti farmacologici con interventi psicologici. Parliamo di un supporto specifico per il dolore cronico. Un supporto volto a ridurre il disagio e la sofferenza psicologica che si accompagnano al dolore fisico, spesso già di per sé devastante.

La cefalea induce i soggetti che ne soffrono a distaccarsi da attività familiari o lavorative che li impegnano eccessivamente. Possono arrivare al punto di isolarsi totalmente. In questi casi è anche opportuno chiedersi se al di sotto di questa “strategia” inconscia possa celarsi altro. È importante cercare di capire se l’isolamento rappresenti un effetto del disturbo o ne sia la causa o magari le due cose insieme. Per poterlo comprendere spesso però non è sufficiente un sostegno psicologico. A volte, può essere utile un percorso di psicoterapia. Ogni attacco di mal di testa infatti può nascondere un significato diverso sul piano della sfera emotiva.

Il dolore fisico della testa, per esempio, può rappresentare un modo per spostare sul corpo una sofferenza emotiva che non si riesce a prendere in considerazione in modo cosciente. Questo capita spesso in età evolutiva. Succede quando un bambino/a è ancora incapace di dare voce ad un disagio emotivo e arriva ad esprimerlo, appunto, attraverso un sintomo fisico. Tra bambini, adolescenti e adulti, però, la questione non cambia molto: un bambino o un adolescente che non vanno a scuola per un mal di testa non sono molto differenti da un adulto che per lo stesso motivo è costretto a stare a casa dal lavoro.

Accumulo di tensioni

La cefalea può anche rappresentare un accumulo di tensioni e conflitti emotivi repressi. In questi casi la funzione di queste tipo di emicranie è quello di mantenere un equilibrio emotivo tollerabile per la persona stessa. Ci possono invece essere mal di testa che insorgono dopo una prolungata attività fisica o mentale, spesso accompagnati da sonno, seguiti da una fase di ripresa senza mal di testa. Una condizione che fa venire in mente una sorta di rinascita dopo il recupero fisico.

L’emicrania, dal punto di vista psicosomatico può essere letta come un sintomo di difesa messo in atto dal soggetto che tenta di controllare razionalmente il suo mondo istintuale. In particolare cerca di “tenere a bada” la sua aggressività. L’attacco vero e proprio di emicrania rappresenta, infatti, il momento di conflitto tra le pulsioni e la coscienza che cerca di controllarne la loro espressione conscia.

Infine, il mal di testa può avere come bersaglio inconscio l’individuo stesso che per motivi diversi mette in atto dinamiche di autopunizione, diverse da caso a caso e per ogni soggetto che ne è afflitto.

Questi sono solo alcuni dei significati che un mal di testa può avere. Soltanto un’analisi più competente e approfondita può consentire di comprendere le motivazioni inconsce e quale significato colleghi il mondo emotivo della persona a quello corporeo. Parliamo di una valutazione spesso necessaria per comprendere e risolvere la cefalea.

La cefalea cronica è una malattia sociale

La cefalea è una condizione complessa che deve essere affrontata in modo multidisciplinare. Nel team, il ruolo dello psicologo è necessario quanto quello degli altri specialisti.

 

Dott.ssa Valeria Perego
Psicologa Psicoterapeuta