Per mangiare bene bisogna imparare da piccoli. Prima però occorre, forse, capire bene i motivi e i modi. Intendiamo i motivi per cui si deve imparare da piccoli e i modi migliori per farlo. Senza sorvolare sulle difficoltà ma cercando, anzi, di comprenderle per trovare le soluzioni più efficaci. Un tema ampio, di cui ha parlato la Dott.ssa Valeria Perego, Psicologa e Psicoterapeuta in Politerapica, negli studi di Bergamo TV, ospite della trasmissione Fattore Bergamo: la salute.
Qui il video completo della trasmissione:
Per mangiare bene bisogna imparare da piccoli
E’ importante imparare da piccoli la corretta alimentazione perché, come tutte le cose, prima si inizia e meno fatica si fa. Se ci insegnano correttamente mamma e papà cosa sia sana alimentazione e buone abitudini, questo insegnamento entra più facilmente e rimane dentro. E’ poi importante che questo avvenga in famiglia perché l’alimentazione è un gesto al centro di una relazione tra genitore e bambino che va oltre la sola assunzione di cibo.
Siamo di fronte ad un tema, quindi, che riguarda, da una parte, la corretta alimentazione nel senso di corretta assunzione dei giusti elementi nutritivi e, dall’altra, tocca tutto quello che riguarda l’interazione e la relazione. Oltre al “cosa” si dà al bambino c’è quella del “come” si dà. E qui si aprono altri grandi temi. L’attenzione del genitore ai tempi e ai momenti giusti per cambiare l’alimentazione in funzione della crescita del bambino e poi quella dell’autoregolazione.
L’adulto quando si passa ai cibi solidi pensa di sapere quanta sia la quantità di cibo che deve per forza assumere il bambino ma, in realtà, il bambino ha una sua capacità di autoregolazione. Riconoscere al bambino questa capacità, significa riconoscere il suo ruolo nella relazione. Altra questione non meno importante è quella di evitare le distrazioni. Televisione, tablet, smartphone tolgono al bambino la consapevolezza del gesto dell’alimentazione e perde il senso di ciò che sta facendo. Alla fine del pasto, potrà anche avere mangiato tutto quello che il genitore ritiene fosse necessario per lui ma lui lo avrà fatto senza consapevolezza.
Argomento ampio e complesso
Un argomento ampio e complesso. Cosa si deve mangiare, come si deve mangiare, quando bisogna cominciare ad impararlo, quali effetti avrà tutto questo nella vita adulta. La relazione bambino/genitore. Il ruolo dell’adulto e del bambino. L’occasione per la famiglia di regolare anche la dieta degli adulti mentre sui insegna al bambino quali siano i cibi (e le quantità) migliori. I capricci intorno al cibo e le ansie dei genitori. Senza dimenticare l’effetto di piacere che produce il nutrirsi.
E poi c’è la scuola, la mensa scolastica, la relazione intorno al cibo che si sposta ai compagni e all’insegnante, un adulto diverso dai genitori.
Un argomento tanto vasto quanto affascinante e utile da capire e approfondire. La Dott.ssa Perego ci accompagna in questo viaggio attraverso l’alimentazione e le modalità di imparare ad alimentarsi correttamente da piccoli, come è necessario che sia. Merita di essere visto. Per capire cose che riguardano anche gli adulti e per scoprire aspetti di un gesto così scontato com e il mangiare (e lo stare bene!) che molto spesso non sappiamo neppure che esistano.
Al tema dell’alimentazione è dedicato il 2° appuntamento di “Insieme si può. Insieme funziona – 2024”, quel progetto di promozione della cultura della salute che giunge al suo terzo anno di attività.
La Dott.ssa Valeria Perego riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e prenotazioni, tel. 035.298468
Bisogna conoscere i diverticoli e la diverticolosi per curarli e magari per evitarli. Ci aiuta a farlo il Dott. Sergio Signorelli, gastroenterologo in Politerapica. Su questo argomento, infatti, ha curato un articolo pubblicato da l’Eco di Bergamo sulla sua Pagina della Salute. Chiaro e puntuale come è nel suo stile, il Dott. Signorelli ci spiega punto per punto di cosa parliamo.
Qui l’articolo completo L’Eco di Bergamo – 25.02.2024 – Diverticolosi, Signorelli – D
Conoscere i diverticoli per curarli e evitarli
Comiciamo col dire che i diverticoli del colon sono estroflessioni della mucosa intestinale a forma di piccola sacca che attraversano lo strato muscolare nel punto di minor resistenza. Questa è la definizione di una malattia sempre più diffusa. I diverticoli si formano per un aumento della pressione all’interno del lume del colon prodotta dalla contrazione della muscolatura intestinale. Ciò avviene soprattutto nel sigma, la parte inferiore sinistra dell’addome.
La diverticolosi è una malattia molto rara nell’infanzia ma si fa più frequente con l’età. Infatti, oltre il 50% della popolazione occidentale presenta diverticoli sopra i 60 anni. La progressiva debolezza della parete colica spiegherebbe l’aumento dei diverticoli con l’età. In particolare, quando è associata ad una maggior pressione causata da rallentato transito intestinale dovuto a maggiore consistenza delle feci. I cibi raffinati e poveri di scorie favoriscono la comparsa di diverticoli. Non a caso, questi sono più frequenti nelle popolazioni ad alto livello economico come quelle dell’Europa e degli Stati Uniti d’America. In Italia, recenti studi hanno dimostrato un incremento del 30% dei ricoveri ospedalieri per diverticolite, negli ultimi 15 anni.
La possiamo evitare
Su come si riconosca la diverticolosi nelle sue diverse forme e su come si curi, rimandiamo all’articolo di cui abbiamo indicato il link più sopra. Qui ci vogliamo fermare sulle possibilità di prevenzione di questa malattia. Sì perché si può fare molto per prevenire la malattia diverticolare. E dipende solo da noi. Si possono consumare regolarmente verdure, ortaggi e frutta. Masticare a lungo il cibo e mangiare lentamente e di bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno a temperatura ambiente. Il movimento poi aiuta a mantenere i muscoli della parete addominale, migliorando la motilità colica e riducendo il ristagno delle feci nei diverticoli.
Il Dott. Sergio Signorelli riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468
La piccola chirurgia ambulatoriale è una cosa seria e deve essere eseguita con le stesse procedure di sicurezza di quella più impegnativa. Ne parla in modo chiaro alla trasmisisone di Bergamo TV, Fattore Bergamo – La Salute, il Dott. Annibale Casati, chirurgo generale e chirurgo plastico che collabora con Politerapica.
Conduceva in studio, come sempre, Alberto Ceresoli, direttore de l’Eco di Bergamo, giornalista esperto di sanità e salute.
Qui la videoregistrazione completa:
Si chiama pubalgia e sono dolori! Sono i dolori che colpiscono la zona pubica. Hanno diverse cause e queste devono essere capite per scegliere la cura giusta. Sì, perché la pubalgia si cura. Anzi, si deve curare, altrimenti può diventare cronica. Lo spiega in modo molto chiaro all’Eco di Bergamo il Dott. Pietro Agostini, medico fisiatra in Politerapica.
Chi volesse scaricare l’articolo completo, lo trova qui: L’Eco di Bergamo – 28.01.2024 – Pubalgia, Agostini – D
Molte cause
Nella maggior parte dei casi, la pubalgia è dovuta a microtraumi da movimento intenso, ripetuto troppe volte. Da qui la ragione per cui spesso si manifesta negli sportivi (agonisti e dilettanti) ma anche in chi svolge quotidianamente attività che necessitano della ripetizione continua di alcuni medesimi movimenti. Vi sono poi molte altre possibili cause, aggiunge il dott. Agostini. Tra queste, l’artrosi dell’anca, problemi ai piedi o agli arti inferiori, problemi lombari o del bacino, disfunzioni muscolari e, nelle donne, anche la gravidanza, soprattutto dal sesto mese.
Tra le molte cause della pubalgia, il Dott. Agostini si concentra su tre di esse (che sono tra le più frequenti), per capire da cosa possono essere a loro volta prodotte, quali siano i loro disturbi, come si riconoscano e come si curino
- la tendinopatia inserzionale, anche associata a infiammazione dell’inserzione inferiore dei muscoli addominali e che è chiamata anche sindrome addomino/adduttoria
- la presenza di una punta d’ernia che produce un ingombro del canale inguinale dell’intestino
- l’infiammazione del nervo ileo-inguinale
Si chiama pubalgia e sono dolori
Publagia è un’espressione che significa dolore alla zona del pube. Quindi, quando si parla di publagia, si parla di dolore, indipendentemente da quale ne sia la causa. La questione è ancora un po’ più complessa. Ogni causa dei publagia, infatti, può essere provocata a sua volta da altre cause. E il Dott. Agostini spiega tutto in modo molto chiaro e semplice così come spiega quali siano le cure possibili delle diverse forme di questo problema. Soprattutto, però, racconta che la pubalgia è un problema che potremmo facilmente evitarci.
La pubalgia, infatti, si può prevenire. O si può evitare che si manifesti nuovamente. Ci vuole qualche attenzione che sappiamo non è sempre facile avere. Gli sportivi, per esempio, dovrebbero fare riscaldamento e allungamento muscolare prima e dopo l’attività sportiva. In realtà dovrebbero farlo anche, idraulici, piastrellisti, muratori per citare alcune delle professioni a rischio. Si risparmierebbero così, oltre alla pubalgia, anche altri frequenti disturbi a carico della schiena, delle anche e pure delle spalle.
Poi sarebbe opportuno mantenere un buon equilibrio posturale e muscolare nel corso delle attività quotidiane che interessi in particolare dorso, bacino e arti. Certo qui si va un po’ sul difficile, conclude il dott. Pietro Agostini. Sappiamo quanto la cura della salute non sia cosa così comune. Eppure, prendersi cura della salute prima di perderla, può risparmiare davvero tanti dolori. Anche quelli della pubalgia.
Il Dott. Pietro Agostini, medico fisiatra, riceve in Politerapica a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468
La piccola chirurgia ambulatoriale deve essere eseguita bene, con la stessa attenzione alla sterilità, alle procedure da seguire e alla disponibilità di attrezzature e di farmaci d’emergenza che si mette nella chirurgia ospedaliera. La piccola chirurgia ambulatoriale, infatti, è una cosa seria come quella più “grande”. Allo stesso tempo, però, permette di eseguire gli interventi indicati, senza le liste di attesa e degenza, comodamente in ambulatorio. E potendo tornare a casa al termine della procedura chirurgica.
Lo spiega a l’Eco di Bergamo, il Dott. Annibale Casati, sepcialista in Chirurgia generale e in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica che collabora con Politerapica.
Qui l’articolo completo: L’Eco di Bergamo – 24.12.2023 – Piccola chirurgia, Dott. Annibale Casati
La chirurgia ambulatoriale – Cos’è
Il Dott. Casati inizia spiegando che la «chirurgia ambulatoriale» detta anche «piccola chirurgia» è la cura e il trattamento di lesioni che necessitano non solo di cure mediche ma anche di interventi chirurgici. Parliamo di quegli interventi che possono essere eseguiti in anestesia locale, in massima sicurezza, in un ambulatorio medico attrezzato, senza dover ricorrere ad un ricovero. I pazienti così operati, dopo un breve periodo di osservazione, possono tranquillamente rientrare al loro domicilio sapendo che possono contattare la struttura o lo specialista in caso di bisogno o di imprevisti.
La chirurgia ambulatoriale eseguita bene
Ogni intervento, grande o piccolo che sia, deve assicurare al paziente una metodica corretta basata su professionalità, deontologia e rispetto del paziente stesso da parte del chirurgo e della struttura in cui viene svolta la prestazione, dice subito il Dott. Casati. Questo significa anche massima attenzione alla sterilità e alle procedure da seguire e disponibilità di attrezzature e farmaci d’emergenza per ogni evenienza.
Per questo la Piccola Chirurgia Ambulatoriale deve essere gestita e considerata al pari di quella «maggiore » che prevede interventi in anestesia generale o altro, a livello ospedaliero. E dovere del chirurgo rimane sempre quello di fare il meglio per la salute del paziente.
Tre ambiti di intervento
La Chirurgia ambulatoriale ha tre ambiti principali di intervento:
- Chirurgia generale
- Chirurgia dermatologica
- Chirurgia plastica/estetica.
Nell’ambito della Chirurgia generale, ci sono i trattamenti per cisti sebacee, lipomi, unghie incarnite, rimozione di corpi estranei superficiali (vetro, schegge…), angiomi e condizioni simili.
Nella Chirurgia dermatologica rientrano i trattamenti per tutte le «macchie» cutanee. Queste possono variare da una banale patologia benigna (Cheratosi) ad altre lesioni benigne come papillomi, dermatofibromi, nevi semplici pigmentati o no, fino ad arrivare ai tumori cutanei maligni (carcinomi basocellulari, spinocellulari, squamocellulari, cheratoacantomi, eccetera). Questi termini spaventano ma non devono destare preoccupazione. Infatti, se l’esame istologico, che in questi casi deve sempre essere eseguito, dice che la lesione cutanea è stata asportata completamente e i suoi estremi non sono intaccati, il paziente è da considerarsi guarito perché sono lesioni he non danno metastasi a distanza.
Discorso diverso se si tratta di melanomi. In quel caso si deve eseguire un allargamento chirurgico e ulteriori approfondimenti e si esce dal campo della chirurgia ambulatoriale.
Chirurgia plastica ed estetica
In questo settore potrebbe rientrare tutto quello che si è descritto ai punti precedenti. In particolare, tutte le lesioni del viso, zona molto delicata, sono di competenza del chirurgo plastico. Ed è facile spiegare il perché: il viso è la parte più «in vista» ed è la parte del corpo che per prima guardiamo e che ci guardano. Ne consegue una particolare attenzione ed esigenza del paziente ad avere una cicatrice non visibile o il meno visibile possibile. Questa richiesta è la croce e delizia di tutti i chirurghi perché la cicatrice esterna è la sua firma ed è la prima cosa che si nota indipendentemente dalla complessità di ciò che c’era sotto.
Tra gli interventi di chirurgia plastica ed estetica ambulatoriali, si possono inserire almeno due interventi prettamente estetici: la blefaroplastica per il trattamento di cadute e borse adipose delle palpebre, e l’otoplastica per il trattamento delle orecchie a ventola. Questi due
interventi possono essere eseguiti tranquillamente a livello ambulatoriale, con le dovute attenzioni, e con soddisfazione dei pazienti.
Il Dott. Annibale Casati riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468.
Può bastare un’ecografia alle carotidi per evitare guai seri. E si parla di Ictus, la principale causa di diabilità grave e la terza causa di morte, in Italia. Lo spiega in modo pacato e chiaro il Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare in Politerapica, ospite di Bergamo TV.
Qui il video completo:
Giovedì 21 dicembre 2023, il Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare in Politerapica, è stato ospite della trasmissione “Fattore Bergamo – La Salute” di Bergamo TV per parlare di ictus cerebrale e carotidi. Soprattutto, per parlare di prevenzione attraverso una semplice ecografia o un ecocolordoppler.
Carotidi e Ictus
Controllare lo stato di salute delle carotidi è molto importante. Serve per fare prevenzione contro patologie molto gravi. E per salvare la vita in molti casi. La carotide è l’arteria che parte dal cuore e porta sangue al cervello. E’ piccola: non è molto lunga e è larga 6-7 mm. E’ però di importanza fondamentale per la vita e la salute delle persone.
La prevenzione, in questo caso, è fondamentale. La chiusura o il restringimento di questo tubicino, infatti, può portare al TIA (un piccolo Ictus) o all’Ictus vero e proprio. Non si parla di una banalità: l’Ictus, in Italia, è la principale causa di disabilità grave e la terza causa di morte.
Un’ecografia alle carotidi per evitare guai seri
L’ecografia o ecocolordoppler è un esame di pochi minuti, non invasivo, non doloroso e facilmente ripetibile tutte le volte che risulti consigliato farlo. Attraverso l’ecografia si vede esattamente se all’interno della carotide c’è una placca.
Per capire cosa sia una placca si può immaginare un tubo d’acqua al cui interno si forma un’incrostazione. L’incrostazione è la placca. Questa produce l’impossibilità del sangue di fluire o di fluire in modo normale. La placca può subire dei distacchi. Suoi frammenti possono staccarsi e andare a ostruire dei vasi più piccoli. Nel caso delle carotidi, si parla di vasi all’interno del cervello. Da lì, il sangue non passa più e la parte di cervello che sta dopo viene danneggiata. Se poi la caratodi si ostruisce del tutto…
Con l’ecografia si determina poi la dimensione della placca. Serve sapere, per esempio, se è del 30%, del 50% o del 70%. L’ecocolordoppler permette anche di capire come sia composta la placca: se di calcio o di grasso. Da qui si parte per definire la miglior terapia per quello specifico paziente.
Prevenzione primaria
La prevenzione è molto importante per i chirurghi vascolari. Una persona in piena salute deve essere valutata dal suo medico curante per sapere se soffre di colesterolo alto, pressione alta o di diabete, tutti fattori di rischio per la salute delle arterie e quindi delle carotidi. Infatti, intervenire su questi fattori prima dei 40 anni, offre molte più possibilità di successo di quando si interviene dopo per evitare il formarsi dell’aterosclerosi che è prodotta dalla placca all’interno delle pareti delle arterie.
Anche se si sta bene, quindi, è bene farsi valutare dal proprio medico. Condizioni che sono ancora silenti, potrebbero causare problemi – anche seri – a distanza di anni.
Tra i 55 e i 60 anni poi è consigliato il primo controllo delle carotidi. In particolare se c’è familiarità, se c’è stato un infarto, se si fuma o se si soffre di pressione alta, colesterolo alto o diabete. Anche quando queste malattie sono ben controllate. Non va dimenticato, per esempio, che un diabete ben controllato può causare una patologia delle arterie, così come la pressione alta. Per quanto riguarda il fumo, è fondamentale smettere di fumare ma non è sufficiente. A causa del fumo, si possono manifestare danni anche dopo anni che si è smesso.
Naturalmente, nella prevenzione primaria non si devono dimenticare i buoni stili di vita: sana alimentazione e movimento corretto.
Prevenzione secondaria
Quando la placca si attesta su percentuali inferiori, c’è la possibilità di intervenire farmacologicamente per stabilizzarla. Questa è la prevenzione secondaria: intervenire con farmaci, dopo che la placca si è formata, per evitare che peggiori. Tutti i CHirurghi vascolari hanno pazienti in terapia farmacologica da anni, che vivono normalmente e che non hanno avuto bisogno di intervento.
Fino al 50% di grandezza della placca si fanno controlli annuali. Per placche di dimensioni superiori, si fanno controlli più ravvicinati.
Intervento chirurgico
Al 70% e oltre c’è indicazione a intervento chirurgico per disostruirla. Un’ostruzione di queste dimensioni infatti produce un rischio del 5% ogni anno di avere un TIA o un Ictus. Si parla peraltro di un intervento molto delicato. Si lavora infatti su un’arteria delicatissima, molto piccola e di fondamentale importanza per la vita. E’ più complesso operare una placca fatta di grasso o con ulcere. La manipolazione della carotide, infatti, può favorire il distacco di piccoli frammenti.
L’intervento dura circa un’ora e mezza. Il paziente viene dimesso dopo 3 giorni. Il rischio infatti è concentrato nelle prime 24 orre. Quello è il tempo fondamentale. Dopo le 24 ore si controlla che non ci siano complicanze minori che sono peraltro corregibili.
Il Dott. Davide Foresti riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468
Non ci si deve rassegnare di fronte alla sofferenza perché le malattie reumatiche si curano. La cosa più importante è la diagnosi precoce. Non si devono sottovalutare i primi segni di sofferenza articolare. Bisogna invece rivolgersi tempestivamente al reumatologo. Infatti, farmaci, chirurgia, riabilitazione e un corretto stile di vita, se adottati opportunamente fin dall’inizio della malattia, possono spesso rallentarne l’evoluzione e garantire una migliore qualità di vita.
Lo racconta il Dott. Agostino Sammarco, Reumatologo in Politerapica, in un bell’articolo pubblicato sulla Pagina della Salute de l’Eco di Bergamo. Lo potete scaricare qui: L’Eco di Bergamo – 26.11.2023 – Malattie reumatiche, Sammarco – D
Le malattie reumatiche si curano
Artosi, Artrite reumatoide, Gotta, Osteoporosi, Fibromialgia sono malattie reumatologiche o reumatiche, se preferiamo chiamarle così. Le malattie reumatologiche sono patologie che interessano le articolazioni e le strutture anatomiche ad esse correlate: ossa, muscoli, tendini e guaine tendinee, legamenti, inserzioni tendinee o legamentose (entesi), borse e fasce. Il sintomo più evidente di queste malattie è rappresentato dal dolore a carico di una o più di queste strutture. Se non controllate farmacologicamente, in maniera adeguata, possono portare a disabilità crescente con una progressiva perdita di autosufficienza, compromissione della qualità di vita e elevati costi sociali.
Sono oltre 150 le malattie reumatologiche. Per la maggioranza di esse la causa è sconosciuta. Le forme più diffuse sono, appunto
- Artrosi
- Artrite reumatoide
- Gotta
- Osteoporosi
- Fibromialgia
Queste ultime cinque sono oggetto di approfondimento da parte del Dott. Sammarco nell’articolo. Per ognuna. il Reumatologo descrive quali parti del corpo umano colpiscano e come si manifestimo, oltre ad alcune note su quale sia il loro possibile decorso.
Di queste malattie si occupa la Reumatologia. E, come abbiamo visto, questa branca della Medicina si dedica a molte malattie, diverse tra loro, che interessano l’apparato muscolo-scheletrico e possono anche coinvolgere altri organi e apparati.
Il Dott. Agostino Sammarco riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468
dunque
quindi
infatti
La fibrillazione atriale si può curare anche senza farmaci. Lo spiega bene il Dott. Fernando Scudiero, Cardiologo in Politerapica, a Bergamo TV. Lo spiega in modo chiaro, accompagnando lo spettatore passo dopo passo in questo delicato tema. Delicato e importante.
Qui il video della trasmisisone:
Mercoledì 8 novembre 2023, il Dott. Fernando Scudiero , Cardiologo interventista presso ASST Bergamo Est e Cardiologo in Politerapica in convenzione con la stessa ASST, è stato ospite della trasmissione “Fattore Bergamo – La Salute” di Bergamo TV per parlare di fibrillazione atriale e delle più moderne tecniche di cura. In particolare, quelle senza farmaci
Un argomento importante che tocca molti
Tra le aritmie, la fibrillazione atriale è la più frequente. Raggiunge anche il 2% della popolazione generale: uomini, donne, di età diverse. E proprio con l’età cresce la sua incidenza. Siccome poi l’età media delle persone sta aumentando, ci troveremo ad avere a che fare con questa patologia in modo sempre più frequente.
Siamo di fronte ad un argomento importante tra le molte patologie cardiovascolari. E il Dott. Scudiero lo conosce bene. Lui è Specialista in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Dirigente di 1° livello presso l’U.O.C. di Cardiologia e Unità Coronarica dell’ASST Bergamo Est, dove svolge attività di Cardiologo interventista. Visita poi in Politerapica in convenzione con la stessa ASST. Da noi esegue visite specialistiche di Cardiologia, ECG – Elettrocardiogramma, Ecocardiogramma e Ecocolordoppler arteriosi e TSA.
Professionista molto preparato, di grande esperienza e di grand eumanità. I suoi pazienti non lo lasciano più.
La fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale è un’aritmia generata dall’invecchiamento di una camera cardiaca, in particolare degli atri che perdono la loro contrattilità ritmica. Modificandosi la struttura anatomica dei tessuti, questi non funzionano più come prima. Di conseguenza, la normale conduzione elettrica del cuore viene sostituita da una conduzione più disordinata e caotica che fa perdere al cuore la sua normale ritmicità.
E’ una patologia pericolosa perché, quando gli atri perdono la loro normale capacità di contrarsi, generano un flusso sanguigno più turbolento e possono formarsi dei piccoli “coagulini” all’interno di queste camere cardiache. Questi coaguli, nel momento in cui vanno in circolo, possono portare problemi anche molto seri. Pensiamo ad un coagulo che va al cervello e chiude una delle sue arteria: può causare rischi seri come un ictus o un ischemia cerebrale.
Ci si può accorgere di soffrire di fibrillazione atriale per alcuni sintomi: batticuore, ritmo irregolare, frequenza cardiaca molto alta. A volte ci se ne accorge più semplicemente attraverso la saturimetria del dito, adesso così diffusa dopo il Covid. A volte, però, soprattutto nei pazienti più anziani, possono non esserci sintomi. Questa aritmia può evolvere in modo silente e emergere dopo che si sono scatenate alcune delle sue possibili complicanze come l’ictus, appunto.
Diagnosi e cura
La diagnosi è abbastanza semplice. Un elettrocardiogramma permette già di fare diagnosi. In alcuni casi è complicato perché a volte questa aritmia per sua natura, va e viene. Se necessario si fanno altri esami strumentali come lo Holter che permette la registrazione del ritmo cardiaco nelle 24 ore e consente di vedere la presenza di aritmia.
E’ curabile. Ci sono diverse opzioni terapeutiche. Da quelle farmacologiche a quelle della cardiologia interventistica. Questa comprende interventi con metodiche mininvasive molto avanzate che si praticano in anestesia locale: si isolano le vene polmonari e si regolarizzano i circuiti all’interno degli atri di modo che la contrazione atriale sia più regolare. Sono interventi che durano circa un’ora. Parliamo di metodiche che riducono il rischio di sviluppare una fibrillazione permanente in futuro.
La fibrillazione atriale si può curare anche senza farmaci
Si lavora poi sulla riduzione del rischio embolico. Come abbiamo detto, il flusso rallentato all’interno degli atri può produrre dei coaguli. Ci si protegge contro questo pericolo con farmaci anticoagulanti. Questi negli ultimi 15 anni sono evoluti moltissimo. Con la fibrillazione atriale, se trattata in modo adeguato, si può condurre una vita del tutto normale. E’ quindi necessario arrivare in fretta alla diagnosi, evitare di avere complicanze emboliche e bisogna curarla.
Gi anticoagulanti sono ottimi farmaci ma come tutti i farmaci hanno degli effetti collaterali. Esendo anticoagulanti, favoriscono la fluidità del sangue ed espongono quindi ad eventi di sanguinamento. Questo porta a dovere prendere delle precauzioni in certi casi.
Ci sono però pazienti cui non si possono somministrare gli anticoagulanti. Per esempio, persone con anemia o che perdono sangue dal tratto gastro-intestinale o che in passato hanno avuto episodi di sanguinamento intra-cranico. Per fortuna, però, oggi la fibrillazione atriale si può curare anche senza farmaci, come abbiamo accennato più sopra. Si può infatti intervenire con la cardiologia interventistica e sempre con interventi minivasivi.
Aggiungiamo che alimentazione corretta e stili di vita corretti sono le precauzioni necessarie per evitare le patologie cardio-vascolari e queste in particolare. E diciamo pure che è utile fare un elettrocardiogramma comunque al di sopra dei 30 anni per valutare la condizione di partenza.
Per il resto, vi invitiamo a guradare il video. Al suo interno c’è molto ma molto di più!
Il Dott. Fernando Scudiero visita in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e prenotazioni, tel. 035.298468.
La fibrillazione atriale si può curare anche senza farmaci
Il cancro deve essere curato anche nell’anima. O nella psiche, se preferiamo dire così. Chiamiamola come vogliamo la dimensione emotiva di ognuno di noi ma il fatto rimane lo stesso. Non si può curare nel fisico una persona affetta da una malattia grave come, per esempio, il cancro, senza prendersi cura anche della parte psichica e relazionale. Ancora di più quando siamo di fronte al cancro al seno, come vedremo più avanti in questo articolo. Non si può fare per due motivi molto chiari.
Il primo è che se una persona è malata gravemente nel fisico, lo è anche nella mente. Le due cose son parte di un tutt’uno e non può stare bene una se non sta bene l’altra e viceversa. Il secondo è che proprio per affrontare la malattia e il percorso di cura, quella persona ha bisogno di tutte le sue risorse, anche di quelle emotive. Le sono necessarie per curarsi e senza di esse, tutto diventa più complicato. Per lei, per i sanitari e pure per i suoi cari.
Lo spiega molto bene la Dott.ssa Marta Roncalli, Psicologa in Politerapica, nella trasmissione “Fattore Bergamo – La Salute” di Bergamo TV, condotta da Alberto Ceresoli. Lo fa in modo chiaro e preciso. Anche appassionato, se possiamo dire così. La passione della professionista che sa quanto importante sia questo argomento e quanto è utile che venga capito.
Lo potete vedere qui. Dura poco più di dieci minuti ma sono dieci minuti che volano via in un lampo:
Il sostegno psicologico è importante
La dimensione psicologica è importante quanto quella fisica. Il periodo del Covid lo ha dimostrato in modo plateale. Corpo e psiche sono intrinsecamente collegati. Son un tutt’uno. Arrivano addirittura a corrispondere. Per questo noi parliamo di salute come condizione di benessere globale e parliamo di diritto alla salute intesa nella sua interezza: fisica, psicologica, sociale e relazionale.
Qui si inserisce lo psicologo che deve fare parte del team multidisciplinare composto da diversi professionisti e specialisti che prendono in carico la persona malata. Il suo ruolo è quello di sostenere il paziente nella sua integrità psico-fisica.
Il mese di ottobre è dedicato al cancro al seno. Sono molte le iniziativie di sensibilizzazione rivolte ai cittadini. L’obiettivo è fare comprendere quanto sia necessario eseguire attività di screening per favorire la diagnosi precoce. In questo mese, però, è importante che si parli di questa malattia da tutti i puinti di vista. Anche da quello psicologico che qui è particolarmente colpito. Il cancro al seno è il tumore femminile per eccellenza. E’ quindi importantissimo che si parli di quello che rappresenta questo cancro per la donna che – bisogna dirlo in modo chiaro – viene aggredita nella parte fisica e psichica che rappresenta la sua femminilità, la sua maternità e che rappresenta la sua identità di genere.
Il cancro al seno è una condizione complessa
E’ fondamentale riuscire a cogliere come la donna, in questa condizione, sia costretta a ristrutturare la sua vita da zero. Il tumore infatti è uno tsunami che crea un prima e un dopo rispetto a ciò che succede nella vita di un individuo. In questa condizione così delicata, il lavoro psicologico, integrato con le cure mediche, è un lavoro necessario che sostiene il paziente, facendolo sentire parte dell’équipe di cura. E che lo faccia sentire soprattutto “agente attivo” in un momeno in cui il controllo di ciò che sta succedendo è percepito come molto scarso.
Lo psiconcologo si occupa del paziente e di tutta la rete di familiari e caregiver che lo circondano. Il cancro e, in particolare, il cancro al seno non colpisce a livello psicologico solo la persona che ne è affetta ma anche la cerchia di relazioni che la circonda. La persona si trova infatti a ristrutturare il suo essere ma anche le relazioni e le dinamiche relazionali. Lo psiconcologo restituisce delle risorse alla paziente e alle persone che la circondano. Risorse che sono essenziali per compiere delle scelte attive.
Oggi ci si occupa sempre più di psiconcologia ma solo un ospedale su quattro mette a disposizione questo sostegno. Una ragione in più per parlare di questo tumore e sensibilizzare circa la necessità di questo supporto. Serve ad acquisire strumenti e risorse per ridefinire i bisogni, le pruiorità e anche i ruoli. Il ruolo di madre, di sorella, di lavoratrice, di collega, toccando tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Il cancro deve essere curato anche nell’anima
Il cancro deve essere curato anche nell’anima, scrivevamo sopra. O nella psiche, aggiungevamo. E torniamo allo psicologo. Lo psicologo entra in campo prima, durante e dopo la malattia. Questa è una professione che può essere messa a disposzione in qualsiasi momento della vita di un individuo. In un momento così delicato e complesso come è il momento della diagnosi o anche prima, nel momento dell’attesa della diagnosi, però, è bene che se il paziente lo desidera, sia messo in condizioni di attivarsi all’interno di un percorso. E all’interno di questo percorso, lo psicologo accompagna il paziente a definire nuovi obiettivi.
Non dobbiamo dimenticare che una diagnosi di questo genere e lo shock emotivo che a volte produce rendono difficile per i pazienti recepire, comprendere e assumere con consapevolezza quello che sta accadendo. Una consapevolezza che invece può aiutare a porcepire un futuro verso l’indomani. Spesso si rimane paralizzati davanti a questa malattia e diventa difficile riorganizzare le proprie risorse. Grazie al sostegnoo psicologico si sbloccano dimensioni di potenzialità, possibilità, desiderio, costruzione ed evoluzione. Senza questa anche la premessa sul presente cessa perché non è possibile pensarsi neppure nel “qui e ora”.
A seconda dell’età in cui una donna riceve una diagnosi di tumore al seno, questo fa leva su aspetti molto differenti. Immaginiamo una donna giovane che cerca una gravidanza o che magari è già in gravidanza o sta allattando. Pensiamo a quanto sia forte il significato simbolico di un tumore in una zona deputata a nutrire una vita e dalla quale invece stia arrivando il pericolo di morte. Pensiamo a donne un po’ più mature, sui 40, 50 o 60 anni, in una fase in cui vorrebbero realizzare i progetti di una vita, vorrebebro lasciare una loro impronta nel Mondo e sono quindi nel massimo slancio vitale e vengono bloccate da questa patologia.
Il paziente è il protagonista della terapia
Sì, il cancro deve essere curato anche nell’anima. O nella psiche, se vogliamo chiamarla così. Insieme al corpo. E pure per aiutare a curare il corpo. La Dott.ssa Roncalli prosegue col suo ragionamento nella trasmissione. Lo sviluppa ulteuiormente. Parla di vita, di sessualità, di estetica, di relazioni affettive e sociali.
Spiega soprattutto come all’interno di una psicoterapia il protagonista sia il paziente e come la terapia debba seguire il processo della persona e accompagnarla nel suo percorso. E dice poi che per uno psicologo fare questo lavoro sia un grosso privilegio perché riceve tanto da ciò che fanno e dalle persone (persone prima che pazienti) che incontra e accompagna.
La Dott.ssa Marta Roncalli, Psicologa, riceve in Politerapica, a Seriate, in Via Nazionale 93. Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468
Il cancro deve essere curato anche nell’anima
E’ utile eseguire un esame ecocolordoppler per le carotidi anche quando si sta bene. Non vogliamo dire che adesso tutti e a tutte le età debbano preoccuparsi di fare questo esame. Intendiamo invece dire che è molto utile che lo si faccia ad una certa età. Soprattutto se ci sono ragioni per pensare di essere un soggetto a rischio per malattie cardiovascolari. Anche se si sta bene. Lo spiega il Dott. Davide Foresti, Chirurgo vascolare in Politerapica, con un bell’articolo, chiaro e preciso, sulla Pagina della Salute de l’Eco di Bergamo.
Qui si può scaricare l’articolo completo: L’Eco di Bergamo – 22.10.2023 – Carotidi, Dott. Foresti – D
Carotidi e ictus
Per capire bene la ragione per cui è utile eseguire un esame ecocolordoppler per le carotidi anche quando si sta bene, bisogna fare una premessa. Le carotidi sono le arterie che portano il sangue al cervello. Il restringimento patologico (stenosi) di una di queste è strettamente collegato, oltre determinati valori, alla possibilità di avere un ictus. E l’ictus è responsabile di disabilità anche grave e permanente e, nei casi ancora più gravi, di morte. Nei Paesi industrializzati come l’Italia, l’ictus è la prima causa di disabilità e la terza causa di morte nelle persone oltre i 65 anni d’età.
Ecco perché le persone oltre i 55 – 60 anni di età dovrebbero sottoporsi ad esame ecocolordoppler. Soprattutto se hanno familiarità con aterosclerosi (la placca delle arterie che produce il loro estringimento) o ne soffrono loro stessi. E pure se hanno familiarità o soffrono di ipertensione (pressione alta), dislipidemia (colesterolo alto), diabete, abitudine al fumo di sigaretta e sovrappeso. Questi sono fattori di rischio che – comunque – dovranno essere corretti con farmaci quanto più precocemente possibile. Va fatto anche se l’esame con ecocolordoppler non rilevasse la presenza di aterosclerosi nelle carotidi. Proprio per evitare che questa si formi.
Ecocolordoppler per le carotidi anche quando si sta bene
Dopo questa premessa, il Dott. Foresti prosegue spiegando cosa sia un esame ecocolordoppler e come sia importante per valutare bene la placca dell’aterosclerosi. Indica poi quali sono i trattamenti terapeutici e, quando necessario, quelli chirurgici per evitare le sue complicanze a carico del cervello. E conclude con un messaggio molto chiaro.
“Il ruolo della prevenzione” – dice – “è fondamentale. Un intervento su una placca che ha avuto sintomi è molto più rischioso di uno su una placca asintomatica. Scoprirla prima che dia segnali fa quindi la differenza.E basta un ecocolordoppler!“
Il Dott. Davide Foresti riceve in Politerapica a Seriate, in Via Nazionale 93.
Per informazioni e appuntamenti, tel. 035.298468